L'ICONOCLASTA

Milano XL 2018, al via nel segno di made in Italy e sostenibilità

La manifestazione, nata per raccontare le eccellenze del nostro Paese, si è aperta con una serie di interviste realizzate da Alan Friedman con imprenditori, designer e personaggi di spicco del mondo delle istituzioni e della cultura sul tema della sostenibilità. L’articolo di SkyTg24

17 settembre 2018 – Al via il 12 settembre, in occasione della settimana della moda, la seconda edizione di Milano XL, progetto che attraverso sei installazioni cubiche posizionate nei luoghi simbolo della città, racconta il made in Italy, motore trainante dell’economia del Paese. Il sottotitolo scelto per questa edizione è “Mostra-Dimostra”, e riflette la volontà di discutere e riflettere sul tema dell’ecosostenibilità. Per questo motivo, nel cubo allestito in piazza della Scala, imprenditori, designer, e personalità di spicco del mondo delle istituzioni, dell’arte e della cultura hanno dialogato con il giornalista e scrittore Alan Friedman sul legame tra moda e sostenibilità. Tra gli intervistati, l’architetto Massimiliano Fuksas, i designer Kean Etro e Marina Spadafora, poi Francesca Lavazza, Oscar Farinetti, Matteo Marzotto, il manager Toni Belloni e la Livia Firth, fondatrice di Eco-Age.

Contro lo sfruttamento
La moglie dell’attore inglese Colin Firth ha sottolineato l’importanza di combattere lo sfruttamento del lavoro tessile in Paesi extraeuropei come Vietnam, Cambogia, Bangladesh: “Ci hanno venduto un falso mito democratico, cioè che è democratico comprare un abito a dieci euro, ma è la democrazia di chi? Non è la democrazia delle persone che lo producono, quindi questo sistema è falso e non funziona”. Dello stesso avviso è Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda lItaliana, che organizza, in collaborazione con la fondatrice di Eco Age, i Green Carpet Fashion Awards, gli “Oscar” della moda sostenibile, che andranno in scena proprio sul palco del Teatro alla Scala il prossimo 23 settembre: “Non si può pensare di salvaguardare l’ambiente senza avere a cuore il destino delle persone che cuciono, che stanno nelle fabbriche, che realizzano gli abiti che poi noi indossiamo”.

Sguardo ottimista verso il futuro
Matteo Marzotto, presidente di Dondup, crede che l’industria della moda abbia tutte le carte in regola per guidare una rivoluzione sostenibile: “Sono convinto che la moda, sia ideologicamente sia tecnicamente, possa fare la sua parte da leader. Un esempio con il quale io lavoro quotidianamente è la lavorazione del denim: oggi è possibile ottenere un paio di jeans con meno di quindici litri d’acqua, mentre nella lavorazione tradizionale ne occorrono oltre novanta”. E ottimista è anche il sindaco di Milano Beppe Sala, che afferma di “aspettarsi un ulteriore salto di qualità nella moda italiana e milanese”, grazie “alle nuove tecnologie utilizzate, alla capacità di creare nuovi tessuti e di accorciare le filiere”.

Clienti sempre più attenti
Toni Belloni, direttore generale di LVMH, il più grande gruppo del lusso al mondo, ha raccontato come negli anni sia cresciuta sempre più la sensibilità nei confronti della sostenibilità, sociale e ambientale: “I clienti ce lo domandano sempre di più e sono molto attenti non soltanto alla qualità del prodotto e all’immagine, ma anche ai valori e ai comportamenti delle persone che sono dietro le marche”. Sulla stessa linea d’onda Marina Spadafora, designer e fondatrice di Fashion Revolution, movimento nato a seguito del crollo di un polo produttivo in Bangladesh, il Rana Plaza, dove morirono più di mille persone che cucivano abiti anche per aziende occidentali: “A un imprenditore conviene diventare sostenibile, gli studi di mercato rilevano che i Millennial e la Generazione Zeta vogliono che i marchi da cui comprano siano in regola con l’etica e rispecchino i loro ideali. Si tratta di un investimento per il futuro”. Tra le opinioni espresse, non sono mancate le stoccate all’attuale presidente degli Stati Uniti, reo di aver ritirato il suo Paese dagli accordi di Parigi sul clima. Il designer Kean Etro non ha dubbi, continuerà il suo impegno per la sostenibilità nonostante Donald Trump: “Il resto del mondo deve agire seguendo il proprio cuore, la propria coscienza. Chi se ne frega se un presidente, anche se importante, segue la strada sbagliata. Non ce ne frega niente, noi andiamo avanti fino in fondo”.

Sostenibilità e profitto
Secondo Oscar Farinetti, fondatore di Eataly, la sostenibilità sarà un grandissimo affare per il futuro: “Tutte le grandi rivoluzioni imprenditoriali della storia partono da un desiderio di maggior profitto. Quindi non mi scandalizzo se il tema della sostenibilità diventa un argomento di marketing e di moda. Sarei contento che diventasse di moda non buttare più le cose per terra, non scrivere sui muri e fare la differenziata. Abbiamo insozzato questo pianeta in maniera tremenda, bisogna far diventare profittevole ripulirlo”. Gli fa eco la vicepresidente di Confindustria per l’Internazionalizzazione Licia Mattioli: “Posso affermare con certezza che la sostenibilità sia importantissima per l’economia. Innanzitutto perché conviene. Produrre meglio, con meno spreco di energia, di acqua, e con un utilizzo minore del suolo è più interessante e competitivo. Ma soprattutto perché coinvolge le persone in maniera diversa”.

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