24 novembre 2013 – Non usiamo l’espressione “governicchio”. Diciamo invece che la stabilità politica in sé ha il suo valore per l’economia in quanto produce le condizioni per affrontare in modo coraggioso e lungimirante i grossi problemi del paese.
E in Italia? Il governo delle larghe intese, che non ha intrapreso molte grandi iniziative, si sta trasformando in un governetto di medie intese e vedremo se ora mostrerà più coraggio e visione. Ma visto che finora la politica dei piccoli passi ci ha portato solo premesse, misure che vanno sì nella giusta direzione ma sono prive di audacia, avrei qualche dubbio.
Per quanto riguarda la tanto sofferta legge di stabilità, il 15 ottobre si annunciava un stanziamento di 1,5 miliardi di riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori, che si traduceva in una mancia risibile di 14 euro al mese per i redditi fino a 55mila di euro l’anno. Ora abbiamo un’intesa tra Letta e Alfano, questa neanche media ma davvero piccola.
Adesso per un costo di circa 1,7 miliardi, si va da una mancia di 14 euro al mese a una mancia che porterà in media 18,50 euro al mese nelle tasche di chi guadagna fino a 35.000 euro lordi l’anno.
Non cambia molto.
Mi è piaciuto il modo in cui Roberto Giovannini ha descritto, su La Stampa di oggi, questa limitata iniziativa del governo: «Prima con lo sgravio mensile ci si poteva mangiare una pizza, adesso ci sono anche un supplì e una birra. Eliminare dal lotto dei ”beneficati” i redditi della fascia 35-55mila euro non è che abbia prodotto grandi miracoli, dunque».
Appunto.
«I conti si faranno alla fine e, alla fine si vedrà che la legge di Stabilità è equilibrata», ha detto Enrico Letta. Ma essere equilibrati con un’iniziativa inefficace e insufficiente cosa significa?
Se il governo Letta-Alfano veramente vuol dedicare soltanto un miliardo e mezzo, o 1,7 miliardi, alla riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori, e cioè un decimo di quel che a mio avviso ci vorrebbe per creare lavoro e le condizioni necessarie per tornare a crescere, sarebbe stato molto meglio aiutare veramente i bisognosi e cancellare l’Irpef del 23% per chi guadagna fino a 12mila euro all’anno. Questo sì, per più o meno lo stesso costo, avrebbe aiutato la fascia più debole.