L'ICONOCLASTA

Obama getta una molotov di retorica a Trump. The Donald replica: «Ha più rabbia verso me che verso il killer di Orlando»

15 giugno 2016 –Questa volta il presidente degli Stati Uniti ci è andato giù pesante. Mai nella storia recente del mio paese abbiamo visto un presidente americano perdere le staffe in modo così evidente in diretta televisiva. Barack Obama, visibilmente irritato a causa degli attacchi lanciati da Donald Trump dopo il massacro di Orlando, si è lasciato andare a una miscela tossica di rabbia, sarcasmo, indignazione e disgusto. Dichiarazioni spontanee, non preparate in precedenza.

«Non ho mai sentito nessuno dei miei consiglieri dire “Ehi, se usassimo quella frase (islam radicale, ndr) cambierebbe tutto”». Il riferimento di Obama è all’accusa rivoltagli dal candidato repubblicano alle presidenziali 2016 Donald Trump, che ha rimproverato al numero uno della Casa Bianca il non utilizzo delle parole “islam radicale” per parlare della strage di Orlando, la sparatoria di massa – dai contorni ancora oscuri – che ha lasciato dietro di sé il più alto numero di morti nella storia degli Stati Uniti. «Non lo capisce o forse lo capisce più di tutti noi. C’è qualcosa che non torna», aveva dichiarato Trump chiedendo le dimissioni di Obama e insinuando oscure motivazioni dietro il rifiuto del presidente di utilizzare quelle due parole.

«Se qualcuno crede seriamente che non sappiamo contro chi stiamo combattendo», ha argomentato Obama, «se c’è qualcuno là fuori convinto che siamo confusi a proposito di chi sono i nostri nemici, sarebbe una sorpresa per le migliaia di terroristi che abbiamo sradicato dal campo di battaglia». E ancora: «Non c’è alcuna magia nell’espressione radicalismo islamico. È uno slogan, non una strategia». «Siamo una sola squadra. Una nazione. Questi sono i valori che Isis cerca di distruggere», ha poi dichiarato Obama, senza mai nominare Trump ma riferendosi chiaramente alla proposta del miliardario newyorkese di impedire l’ingresso negli Stati Uniti alle persone di religione musulmana. «Si tratta di una retorica pericolosa», ha quindi aggiunto, parlando di Trump come di «quel politico che fa tweet». «Nella nostra storia ci è capitato di aver agito mossi dalla paura, e in seguito ce ne siamo pentiti. Abbiamo visto il nostro governo trattare malamente alcuni dei nostri cittadini, ed è stata una parte vergognosa della nostra storia». Poi la conclusione: «Non facciamo test religiosi qui. I nostri fondatori, la nostra Costituzione, i dieci emendamenti sono chiari su questo punto. Se mai abbandonassimo i nostri valori, non solo renderemmo più facile radicalizzare le persone qui e nel mondo, ma tradiremmo proprio quello che stiamo cercando di proteggere: il pluralismo e la nostra apertura mentale, lo Stato di diritto, le libertà civili, tutto quello che fa grande questo paese, che ci rende eccezionali. E allora, i terroristi avrebbero vinto».

La risposta di Trump non si è fatta attendere: «Ho visto il presidente Obama in televisione, aveva più rabbiaverso di me che nei confronti del killer (di Orlando, ndr). Quella rabbia è la rabbia che dovrebbe avere nei confronti del killer e di tutti gli altri killer che non dovrebbero essere qui».

È interessante notare come gli ultimi sondaggi prima del massacro di Orlando davano Trump circa 11 punti dietro Hillary Clinton. Dopo la strage, il distacco è sceso in media a circa 9 punti. I cittadini sono spaventati, la demagogia paga. Tuttavia, adesso che Obama è entrato con entrambe le scarpe nella campagna elettorale, e in previsione di incursioni in tutto il paese da parte di Obama e Clinton, il lavoro di Trump si complica. In questa corsa per la Casa Bianca, il tycoon avrà non uno ma due avversari.

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