7 dicembre 2016 – «Non sono io a decidere – scrive Matteo Renzi nella sua news, prima di intervenire al Congresso – ma devono essere i partiti, tutti i partiti, ad assumersi le proprie responsabilità. Il punto non è cosa vuole il presidente uscente, ma cosa propone il Parlamento».
Ci si sposta poi a Largo del Nazareno, per il Congresso del Pd, convocato alle 17:30 ma iniziato quasi un’ora dopo. «Siamo il partito di maggioranza relativa. Dobbiamo dare una mano al presidente della Repubblica a chiudere la crisi» di governo «nelle modalità che individuerà», dichiara Renzi.
Un congresso che non lascia spazio al dibattito interno al partito sul risultato del referendum. Un dibattito che, assicura Renzi, «sarà molto duro nella chiarezza che deve contraddistinguere il Partito democratico
, ma dovrà arrivare dopo la crisi di governo che si dovrà aprire adesso». «Propongo – ha detto Renzi facendo intuire che lui non farà parte della delegazione – che ci sia una delegazione al Quirinale composta da uno dei due vicesegretari, Guerini, dal presidente» Matteo Orfini «e dai due capigruppo» Ettore Rosato e Luigi Zanda. «Propongo che la direzione sia convocata in modo permanente per consentire alla delegazione di venire a riferire quando vi saranno elementi di novità».«Noi – ha aggiunto Renzi – non abbiamo paura di niente e nessuno, se gli altri vogliono andare a votare, dopo la sentenza della Consulta, lo dicano perché qui si tratta tutti di assumersi la responsabilità. Il Pd non ha paura della democrazia e dei voti».
«Legge di bilancio approvata. Alle 19 le dimissioni formali. Grazie a tutti e viva l’Italia». Così scriveva nel primo pomeriggio su twitter il premier Matteo Renzi.
Questa mattina, il governo ha ottenuto la fiducia al Senato sulla legge di bilancio con 173 voti favorevoli e 108 contrari. Subito dopo l’aula di Palazzo Madama ha dato il via libera definitivo alla manovra con 166 sì, 70 no e 1 astenuto.
Viene così meno, in anticipo rispetto ai tempi previsti, la condizione posta dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, che lunedì aveva sbarrato la strada all’uscita lampo di Matteo Renzi dopo la pesantissima sconfitta – di quasi 20 punti: il No ha vinto con il 59,11 per cento mentre il Sì si è fermato al 40,89 per cento – al referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale, la cosiddetta riforma Boschi. Il premier aveva annunciato le dimissioni nella notte di domenica.
Ma il capo dello Stato ha chiesto al presidente del Consiglio di congelare le dimissioni per qualche giorno, almeno fino all’approvazione della legge di Bilancio, per scongiurare l’esercizio provvisorio e la paralisi del Paese. Renzi aveva accettato: «Lo faccio per senso di responsabilità – dice il premier – e per evitare l’esercizio provvisorio». Secondo alcune fonti, la legge potrebbe essere approvata già venerdì.
Uno scenario che non è andato giù a Forza Italia. «Le strane ipotesi che circolano su un possibile congelamento della crisi del governo Renzi, con l’approvazione accelerata della legge di bilancio grazie addirittura a cosiddette “fiducie tecniche”, sono del tutto impraticabili – affermavano in una nota congiunta i capigruppo di Forza Italia al Senato e alla Camera, Paolo Romani e Renato Brunetta, prima dell’ufficializzazione della richiesta di Mattarella -. Il No al Referendum è un voto di sfiducia a Renzi e alla sua attività di governo nel suo complesso».
«L’esperienza del mio governo finisce qui», aveva comunicato Renzi poco dopo la mezzanotte di domenica, quando gli exit-poll e le prime proiezioni non lasciavano già scampo. «Credo che per cambiare questo sistema politico in cui i leader sono sempre gli stessi e si scambiano gli incarichi ma non cambiano il Paese – aveva aggiunto in conferenza stampa – non si possa far finta che tutti rimangano incollati alle proprie consuetudini prima ancora che alle proprie poltrone. Volevo cancellare le troppe poltrone della politica: il Senato, le Province, il Cnel. Non ce l’ho fatta – aveva concluso prima di rivendicare alcuni dei risultati raggiunti dal suo governo e formulare i ringraziamenti di rito – allora la poltrona che salta è la mia».
Spetta ora al capo dello Stato, il presidente Mattarella, determinare tempi e modalità per la formazione di un nuovo governo.
Photo Credits: LaPresse