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Quel che c’è da sapere su Berlusconi. L’Informatore recensisce My Way

Pubblichiamo questa bella recensione di My Way: BERLUSCONI si racconta a FRIEDMAN uscita oggi su L’Informatore. L’articolo è a firma del giornalista Rossano Salini, con cui ho dialogato martedì a Crema in occasione di una delle tante presentazioni della mia biografia autorizzata di Berlusconi in giro per l’Italia. Buona lettura!

3 dicembre 2015 – La strada che porta al libro My Way. Berlusconi si racconta a Friedman ha un punto di partenza ben preciso: le interviste realizzate in occasione dell’uscita del precedente libro di Alan Friedman Ammazziamo il Gattopardo, che hanno messo in luce parte del grande intrigo che nell’estate del 2011 ha preparato la caduta del governo Berlusconi, avvenuta nel novembre dello stesso anno. È stato lì che il giornalista di origine americana, con una mossa degna dell’autore delle celeberrime interviste Frost-Nixon (non per nulla citate nell’introduzione di My Way), è riuscito a far sì che fosse lo stesso Mario Monti, co-protagonista del versante italiano di quell’intrigo insieme al presidente Giorgio Napolitano, ad ammettere di fronte alle telecamere quanto messo in atto dal presidente della Repubblica nel giugno-luglio di quell’anno. Alla domanda: «Con rispetto, e per la cronaca, lei non smentisce che, nel giugno-luglio 2011, il presidente della Repubblica le ha fatto capire o le ha chiesto esplicitamente di essere disponibile se fosse stato necessario?», Monti fu sostanzialmente costretto a rispondere: «Sì, mi ha… mi ha dato segnali in quel senso».

A quel piano ben orchestrato è dedicato il più corposo e avvincente capitolo del nuovo libro di Friedman, capitolo che reca il suggestivo titolo di Intrigo internazionale. E dall’aggettivo «internazionale» capiamo subito che lo scenario è stato nel frattempo chiarito meglio dal giornalista, e dettagliato nei suoi aspetti non solo italiani. «Non è stato un complotto, ma un vero e proprio piano, quasi esplicito», ha chiarito Alan Friedman raccontando il libro a Crema martedì 1 dicembre, in una delle sue tante tappe di presentazione del volume. Protagonista numero uno del piano a livello internazionale Nicolas Sarkozy; super-testimone il segretario del Tesoro americano Tim Geithner; principale oppositore il presidente della Commissione europea Manuel Barroso. Ma sono molti, e anche particolarmente complessi, i risvolti di questo intrigo, e li offriamo intatti alla curiosità del lettore.

Quel che è certo è che il personaggio nel mirino di un tale piano ordito a livello nazionale e internazionale doveva essere una figura di assoluto rilievo, per meritarsi tanto odio. E quale sia il rilievo di Silvio Berlusconi emerge in maniera chiara in My Way: tutto il rilievo, umano e politico, con pregi e difetti, e – bisogna ammetterlo – nella maniera più lucida e obiettiva che mai fino ad oggi sia stata usata intorno a una figura come Berlusconi, solitamente oggetto di sentimenti totalmente contrapposti di odio o di venerazione. Alan Friedman è riuscito invece a far sì che Berlusconi raccontasse se stesso fino in fondo, ma con il filtro del giornalista che riporta e che marca la giusta distanza nel momento in cui non è chiaro se il narratore sia o meno fededegno. E naturalmente la voce del narratore principale è accompagnata da quella di molti testimoni, che rintuzzando, approfondiscono e anche in parte correggono la voce principale.

È così, con questo ritmo vario fatto di piccoli racconti personali e di grandi eventi internazionali, che il godibilissimo libro di Alan Friedman dà luce al personaggio Silvio Berlusconi. Ci sono episodi esilaranti che chiariscono quale incredibile avventura umana sia stata l’ascesa imprenditoriale di Berlusconi. Uno su tutti. Il giovane Silvio intento a imbiancare a dorso nudo il suo primo ufficio vendite proprio di fronte ai palazzi in costruzione viene avvicinato da una coppia interessata a comprare un appartamento per la figlia. Non sanno a chi rivolgersi; e soprattutto non sanno che l’apparente imbianchino cui stanno chiedendo informazioni è in realtà l’amministratore della società. E così, dopo aver camuffato la propria voce per dire che avrebbe chiamato il responsabile, Berlusconi rientra, si lava e veste in fretta e furia, e poi riesce, immaginiamo col suo sorriso sornione, per effettuare la sua prima vendita. Oppure piccoli particolari che rendono più umane e vicine a noi le vicende internazionali, come l’immangiabile zuppa di montone servita all’interno della tenda del colonnello Muammar Gheddafi. Sono solo piccoli esempi per dare l’idea della varietà e della qualità anche narrativa del libro.

Si badi bene: un libro che non può essere inteso come una sorta di testamento di Berlusconi. Alla soglia degli ottant’anni, l’ex Cavaliere non è certo andato in pensione: è ancora lui il leader di Forza Italia, un partito certo molto indebolito e invecchiato, ma ancora centrale nella scena politica italiana. E vedere in questi giorni Berlusconi sempre più deciso a rientrare in scena, dopo l’esilio forzato a causa della condanna per frode fiscale, permette di capire quanto sia veritiera la frase che dà il titolo al capitolo conclusivo del libro: «Me ne andrò dopo aver vinto un’altra volta». Ce la farà? Non è dato sapere. Certamente la lettura di My Way porta a ritenere quanto meno difficile che Berlusconi possa concludere la sua esperienza da perdente.

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