Riparte il bazooka. Mario Draghi lascia un’eredità cospicua al suo successore, la francese Christine Lagarde: il penultimo consiglio direttivo della BCE sotto la sua guida ha infatti varato un nuovo programma di acquisto di asset, tra cui titoli di Stato, al ritmo di 20 miliardi di euro al mese, a partire da novembre e senza limiti di durata. Gli acquisti, ha chiarito Draghi in conferenza stampa, «dureranno tutto il periodo necessario a rafforzare l’impatto accomodante dei tassi». Il consiglio direttivo ha inoltre tagliato il tasso su depositi a -0,50% e allungato da 2 a 3 anni la durata delle nuove aste Tltro, prevedendo tassi più bassi per le banche che prestano al di sopra di un certo livello.
A Mario Draghi, di cui sono un grande estimatore, al suo lascito e alle prospettive future per l’economia dell’eurozona, la cui politica monetaria è in procinto di passare nelle mani di Christine Lagarde, ho dedicato un capitolo del mio nuovo libro “Questa non è l’Italia” (Newton Compton Editori), di cui pubblico qui un estratto.
[…] In alto, sovrastante la città di Francoforte, nell’ex quartiere popolare di Ostend, un imponente grattacielo grigio di centottantacinque metri svetta accanto alla riva destra del fiume Meno, innalzandosi sulle strutture primonovecentesche che una volta ospitavano un famoso mercato
all’ingrosso di frutta e verdura, la Grossmarkthalle, un pezzo di storia della metropoli tedesca. Due torri di vetro, giustapposte e di differente altezza, sono collegate tra loro da un atrio: una costruzione impressionante costata all’incirca 1,3 miliardi di euro. Quarantacinque piani dove oggi lavorano quasi tremila banchieri. Al quarantesimo piano dell’edificio principale, una figura solitaria si aggira in uno spazioso ufficio colmo di luce, lancia un’occhiata furtiva allo skyline della città, prima di raccogliere alcuni documenti e qualche ricordo personale scelto con cura.Mario Draghi sta facendo gli scatoloni.
Con un piccolo sforzo di fantasia e un pizzico di immaginazione non è difficile vederlo. Provate a figurarvelo, quest’uomo di settantadue anni, posato e dal fisico asciutto, dotato di un’intelligenza acuta e un carattere schivo, impeccabile nel suo completo a righe abbinato a camicia bianca e cravatta scura.
Immaginate che oggi sia il 31 ottobre 2019, l’ultimo giorno del mandato di Draghi come presidente della Banca Centrale Europea. Provate a figurarvelo lì, ora, in piedi, nel suo ufficio.
Quali saranno i suoi pensieri, mentre si prepara a lasciare il luogo in cui ha passato buona parte dell’ultimo decennio? Quante battaglie! Quante crisi! Quanti momenti di tensione drammatici ai vertici dell’economia europea e mondiale, fianco a fianco con i più grandi leader del pianeta. Mario Draghi, immancabilmente presente sul palcoscenico globale a ogni g7 e g20, a ogni summit europeo. L’insider degli insider. Il più autorevole. Il presidente Draghi. In certe fasi è stato lui il policy maker più potente di tutto il continente. La personalità più importante dell’unione monetaria, il vero, autentico custode dell’euro, odiato dai populisti, rispettato e temuto dal mondo finanziario, l’uomo che per lunghi anni ha spostato i mercati dall’epicentro della valuta unica. Colui che ha avuto il potere di decidere quanto denaro stampare, fissare i tassi d’interesse, influenzare i mutui e gli interessi bancari per più di 340 milioni di cittadini e aziende di ben 19 diverse nazioni.
Cosa passa per la testa di questo navigato banchiere mentre sta per lasciarsi tutto alle spalle? Mentre contempla il suo ufficio di Francoforte per l’ultimissima volta?
Forse pensa che non prenderà più l’ascensore che lo portava in pochi secondi alla grandiosa sala riunioni del quarantatreesimo piano, dove si tengono gli incontri mensili in cui si determinano le politiche della bce. Perché è lì, sotto una cupola di vetro così alta da fendere quasi le nuvole, in quella stanza gigantesca con una vista maestosa su Francoforte, che si riunisce il consiglio che governa la Banca Centrale. È lì che vengono prese le decisioni fondamentali.
O forse rammenta il giorno in cui la sua avventura europea ebbe inizio, il primo novembre 2011, quando il suo predecessore, il francese Jean-Claude Trichet, gli passò il calice avvelenato: una pericolosissima e galoppante crisi finanziaria. Magari ricorda con fierezza come riuscì a imporsi in quella circostanza, nel bel mezzo della tempesta, con la sua tipica determinazione pacata ma efficace. Fin dalla prima riunione del consiglio della bce, che si tenne solo quarantotto ore dopo il suo arrivo al comando, quando subito iniziò a tagliare i tassi di interesse, con una brusca inversione di marcia rispetto alla politica monetaria adottata fino a quel momento.
O chissà se Draghi, guardando fuori dalla parete vetrata del suo ufficio, in cima al grattacielo, non pensi al drammatico g20 di Cannes di quello stesso anno, quando Sarkozy e Merkel cercarono di defenestrare Silvio Berlusconi e l’Italia sembrava la prossima tessera destinata a cadere in quel domino della crisi iniziato con la Grecia. Proprio la cancelliera Angela Merkel, la stessa con la quale nel corso del tempo ha saputo creare un’alleanza produttiva e di grande successo, nonostante il profondo scetticismo che i tedeschi nutrivano verso di lui, l’italiano alla presidenza della Bce.
O forse sta tornando con la mente alla torrida estate del 2012, quando annunciò solennemente al mondo intero che la bce avrebbe fatto «tutto il necessario per preservare l’euro». Quel famoso whatever it takes che ha cambiato la Storia e ha inaugurato “l’era Draghi”, improntandola alla sua epocale opera di contrasto alla crisi. Super Mario! L’uomo che ha imbracciato il bazooka, l’uomo disposto a sfidare i giganti dei mercati.
Le decisioni prese da Draghi hanno avuto un impatto davvero significativo sulle nostre vite. Hanno mantenuto i tassi bassi per diversi anni e aiutato l’Italia a pagare gli interessi del suo gigantesco debito pubblico, nonostante le difficoltà derivate dalla recessione e dalla crisi.
L’Italia è seduta sopra a una bomba a orologeria, ed è stato proprio Mario Draghi, più di qualsiasi politico, banchiere e uomo d’affari, a permetterci di evitare un’implosione economica nel corso degli ultimi otto anni.
Dal 2011 nessun leader, nel nostro Paese o in Europa, è stato più importante per l’Italia, per la sua economia e per il benessere del suo popolo. Nessuno ha fatto di più per salvare l’economia mondiale ed europea, per salvaguardare l’euro e la stabilità del sistema bancario. Quando la Storia avrà giudicato la sua opera, Mario Draghi finirà probabilmente nel pantheon di grandi statisti europei come Altiero Spinelli e Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Jean Monnet, François Mitterrand, Konrad Adenauer, Helmut Schmidt, Helmut Kohl e Angela Merkel.
Sì, è così importante. Il suo operato è stato determinante per la stabilità dell’Europa dei primi anni del Ventunesimo secolo e per la resurrezione delle maggiori economie del continente, dopo la peggiore crisi finanziaria dai tempi della Grande depressione del 1929.
Dal 1° novembre, il posto di Draghi sarà occupato dalla presidente uscente del Fondo Monetario Internazionale, la politica francese Christine Lagarde. Ministra delle Finanze sotto la presidenza di Nicolas Sarkozy, di cui era una fedelissima, Lagarde non è estranea a controversie.
Nel corso del famigerato G20 di Cannes del novembre del 2011, fresca di nomina alla guida dell’istituto di Washington, si unì a Sarkozy nel criticare duramente l’allora premier Silvio Berlusconi, ed è stata accusata di aver giocato un ruolo nel supportare il tentativo del presidente francese di imporre all’Italia un prestito da parte del Fmi proprio allo scopo di far cadere Berlusconi.
Nel dicembre del 2016, il Tribunale dei ministri di Parigi l’ha condannata per negligenza in un caso di uso improprio di fondi pubblici, ma ha deciso di non comminarle alcuna pena.
Liberale e femminista, persona molto intelligente e carismatica, Lagarde è cresciuta in statura negli otto anni in cui ha ricoperto il ruolo di capo del Fmi, e rappresenta oggi una garanzia per l’Europa e in particolare per l’Italia, avendo già dichiarato che proseguirà sulla strada tracciata da Draghi, adottando «una politica monetaria molto accomodante per un lungo periodo di tempo».
Il fatto che la nuova presidente della Bce sia una colomba è importante per l’economia del Belpaese, e rinforzerà l’andamento già positivo dello spread, che riflette il gigantesco sospiro di sollievo tirato dai mercati a seguito della caduta di Salvini.
Per quanto riguarda Draghi, il suo ultimo atto andrà probabilmente in scena alla riunione del Consiglio direttivo della Bce del 12 settembre, quando ci si aspetta che introdurrà delle misure di politica monetaria che includeranno un nuovo taglio dei tassi d’interesse e, forse, un altro round di acquisti di titoli di Stato; una sorta di fase due del Qe che Lagarde porterà avanti e amplierà a partire dal 1° novembre.
Brano tratto da Questa non è l’Italia (Newton Compton Editori), Prologo.