L'ICONOCLASTA

Rapporti USA-Russia, Flynn si dimette ma non si placano le polemiche. Il NYT: «Staff di Trump in contatto con i servizi russi durante la campagna»

15 febbraio 2017 – Le dimissioni di Michael Flynn non sono bastate a far rientrare il caos scatenato dalle rivelazioni del Washington Post, che aveva denunciato le conversazioni avute dall’ormai ex consigliere per la sicurezza nazionale con l’ambasciatore russo a Washington quando Donald Trump non aveva ancora assunto la carica di presidente.

Lo scorso 29 dicembre, mentre Barack Obama, ancora nel pieno dei suoi poteri, annunciava nuove sanzioni alla Russia di Putin per le ingerenze nella campagna elettorale statunitense, Flynn, che allora non ricopriva alcun ruolo nel governo degli Stati Uniti, era al telefono con il diplomatico russo Sergey Kislyak, e al centro del colloquio, come ha rivelato il quotidiano di Washington, c’erano proprio le sanzioni. Diverse telefonate di cui esistono delle trascrizioni. Flynn avrebbe rassicurato Mosca sulle intenzioni della nuova amministrazione: qualsiasi decisione presa da Obama avrebbe potuto essere annullata dal nuovo governo che si sarebbe insediato di lì a poco.

Ma al di là della liceità di tali conversazioni, Flynn è accusato di aver mentito all’FBI: il 20 gennaio, i servizi statunitensi avevano interrogato l’ex generale sui contenuti del suo colloquio con Kislyak, e Flynn non avrebbe detto loro la verità. Quel che è certo, è che Flynn ha dichiarato pubblicamente di non aver affrontato l’argomento sanzioni con il funzionario di Mosca, ma di aver parlato di questioni minori.

Secondo quanto riportato dal New York Times, poco dopo l’interrogatorio dell’FBI, il 26 gennaio, la ministra della Giustizia ad interim Sally Yates aveva informato la Casa Bianca del rischio che il consigliere per la sicurezza nazionale potesse essere ricattabile da parte dei russi proprio per la discrepanza tra le sue affermazioni e la reale natura di quelle conversazioni.

Le dimissioni di Flynn, presentate lunedì in tarda serata dopo soli 24 giorni in servizio, arrivano con una lettera, nella quale l’ex generale afferma di aver fornito delle «informazioni incomplete» al vicepresidente Mike Pence, che aveva preso pubblicamente le difese di Flynn avallando al sua versione dei fatti, e di averlo «ingannato involontariamente».

Tuttavia, la tensione all’interno dell’amministrazione Trump resta alta: non è chiaro chi sapesse cosa, c’è confusione, è evidente l’incapacità di governare questa crisi. Il capo ufficio stampa della Casa Bianca ha affermato martedì che era stato il presidente Trump a richiedere le dimissioni di Flynn, mentre la sera prima era stato invece dichiarato che Flynn aveva deciso di dimettersi autonomamente.

E mercoledì, il New York Times rivela che alcuni collaboratori di primo piano del presidente Donald Trump avrebbero avuto «ripetuti contatti» con i servizi russi durante la campagna elettorale. Il quotidiano ha citato intercettazioni, fonti d’intelligence e della magistratura e ha scritto di «ripetuti contatti con dirigenti dei servizi segreti russi» e con l’entourage del presidente russo Vladimir Putin. «Ma, al momento», scrive il NYT, «non ci sono prove di collusioni tra la campagna di Trump e i russi negli attacchi informatici sferrati contro la Democratic National Committee o per influenzare le elezioni» presidenziali. I servizi segreti Usa stanno indagando per chiarire le motivazioni di queste comunicazioni, intercettate durante controlli di routine.

I rapporti tra l’entourage di Trump e la Russia di Putin si confermano ancora una volta il tallone d’Achille della nuova amministrazione.

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