L'ICONOCLASTA

Ricercatore morto al Cairo: fatale per Giulio Regeni è stata una frattura alla vertebra cervicale

7 febbraio 2016 – È arrivata sabato sera a Fiumicino, con un volo dell’Egypt Air, la salma di Giulio Regeni, il ricercatore scomparso al Cairo il 25 gennaio e ritrovato morto il 3 febbraio in circostanze ancora da chiarire. Il corpo del giovane è stato subito trasferito all’Istituto di medicina legale della Sapienza di Roma per l’autopsia.

Il team di medici ha riscontrato sul ragazzo numerose lesioni e abrasioni che confermano l’ipotesi di torture e di un violento pestaggio. Il cadavere è stato sottoposto a una tac, a un esame tossicologico e radiografie: Regeni sarebbe morto per la frattura di una vertebra cervicale provocata da un colpo violento o da una torsione indotta. Non c’è invece traccia di abusi sessuali. Lunedì il corpo del ventottenne sarà trasferito nella sua terra d’origine, il Friuli, dove il giorno dopo avranno luogo i funerali.

È stato intanto smentito l’arresto di due persone nell’ambito dell’inchiesta per la morte di Regeni. Le stesse fonti di sicurezza che avevano inizialmente avvalorato la notizia parlano ora di semplici «sospetti», fermati e poi rilasciati. Secondo fonti italiane, gli egiziani avrebbero tentato di chiudere la vicenda mettendo sul piatto due colpevoli, ma avrebbero dovuto fare marcia indietro davanti alla ferma opposizione italiana.

Al Ahram, autorevole quotidiano egiziano filo-governativo (una fonte, quindi, non neutra), riporta che prima di scomparire il 25 gennaio Giulio Regeni avrebbe partecipato a una festa di compleanno «in compagnia di un certo numero di amici». Finora dai principali resoconti era invece emerso che Regeni fosse diretto, ma non arrivato, alla festa e fosse stato rapito durante il tragitto nel centro del Cairo prima delle 20.

«Le indagini degli uomini della Sicurezza» hanno analizzato «gli ultimi momenti prima della scomparsa della vittima e si è constatato che egli era in una festa in compagnia di un certo numero di suoi amici e dopo è scomparso il 25 gennaio», scrive il giornale sulla sua versione cartacea.

«La squadra di inquirenti – scrive ancora Al Ahram – esamina tutte le relazioni della vittima, sia con egiziani che con stranieri residenti al Cairo, e i luoghi che frequentava». E ancora: «il generale Alaa Azmy, assistente del direttore del Dipartimento generale delle indagini di Giza», ha diretto investigazioni «approfondite per esaminare gli appartamenti abitati» della Città del 6 ottobre (il quartiere all’estrema periferia ovest del Cairo a nord del quale è stato rinvenuto il corpo di Regeni) «per esaminare coloro che li frequentano e li abitano».

Sul Corriere della Sera, Fiorenza Sarzanini riporta le impressioni raccolte tra gli investigatori italiani, secondo cui i servizi di sicurezza locali avessero inizialmente previsto di far sparire il corpo del giovane ricercatore senza fornire alcun elemento concreto sulla sua morte. «La consegna del cadavere il 31 gennaio», scrive il Corsera, sarebbe stata decisa «solo di fronte al rischio concreto che i rapporti tra i due Paesi venissero seriamente compromessi dopo la minaccia esplicita dell’ambasciatore Maurizio Massari — concordata con Roma — di una interruzione delle relazioni commerciali e diplomatiche».

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