L'ICONOCLASTA

Saccomanni non trova la copertura, ma Alfano lo aiuta e Letta fa di nuovo promesse di crescita davanti a un’Italia e un’Europa di stagnazione, disoccupazione altissima e rischio deflazione. Ha ragione Letta quando dice di non avere «eccessive aspettative».

7 novembre 2013 – Che cosa devono pensare gli italiani?

Se martedì Saccomanni dice che la copertura di 2,4 miliardi per mantenere l’abolizione della seconda rata dell’IMU è incerta, e poi mercoledì Alfano lo contraddice, si crea confusione. Tutti alla ricerca della copertura. La coperta è troppo corta.

Gli italiani però, già tartassatati, rischiano di sfinirsi.

Sul tema del cuneo fiscale e della crescita, Confindustria, Cgil e altri da un mese chiedono un intervento importante di riduzione del costo per imprese e lavoratori, almeno 15 miliardi all’anno per le imprese secondo Squinzi. Ma Letta e Alfano arrivano poi ad offrire un irrisorio miliardo per le imprese (cifra che rappresenta un taglio dello 0,33%) e 1,5 miliardi per i lavoratori (la famosa mancia di 14 euro al mese che fa ben poco per stimolare la domanda interna) e poi impacchettano tutto questo in una confezione regalo. Che significa? Vuol dire che non stiamo andando bene, perché questi 2,5 miliardi di interventi sul cuneo fiscale nel 2014 risultano assolutamente marginali ed irrilevanti in termini di stimolo alla crescita.

E se poi il primo ministro, di fronte a una legge di stabilità criticata duramente perché incapace di stimolare la crescita e agganciare la debole ripresa, dichiara che «ci sono 3 miliardi per la crescita derivati dall’aver tenuto i conti in ordine», ma non spiega come tre piccoli miliardi possano stimolare la crescita in un’economia di 1,600 miliardi e in un momento di recessione, stagnazione, altissima disoccupazione, mancanza di domanda, e forte rischio di deflazione, allora ha davvero ragione, il primo ministro, ad invitare tutti, come ha fatto ieri nel corso l’assemblea parlamentare del Pd, a non avere «eccessive aspettative».

Diciamo le cose come stanno: Enrico Letta è nel giusto quando afferma che questa legge di stabilità potrebbe e dovrebbe segnare «un’inversione di marcia» per far tornare a crescere il Paese. Ma purtroppo, finora, a me questa legge sembra troppo timida, poco efficace, frutto di un governo di larghe intese oramai paralizzato da fibrillazioni e giochi politici di vecchio stampo, di incertezze sul suo futuro. Tutto, sempre di più, in stile Prima Repubblica.

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