L'ICONOCLASTA

Saccomanni unplugged: con un’esternazione inconsueta, dice che la Bce terrà in considerazione la forza dell’euro nella sua delibera sul tasso di interesse. Sembrerebbe che solleciti la Bce a tagliare il tasso d’interesse per indebolire l’euro e aiutare gli export. E poi, riapre la questione della seconda rata dell’Imu. OMG!

5 novembre 2013 – Non parliamo del caso della Cancellieri. Non ho voglia. C’è un nuovo sondaggio qui sotto sulla home page in cui potete esprimere il vostro parere.

Parliamo invece dell’economia.

La Commissione europea ha rilasciato una seria di previsioni sull’Italia che sono peggiori degli annunci del governo. Peggiorano le stime Ue sul Pil per il 2013 e per il 2014. Per quest’anno Bruxelles prevede una contrazione dell’1,8% del Pil, mentre per il 2014 prevede una crescita dello 0,7% contro la stima più ottimistica del governo Letta-Alfano di almeno 1%.

Saccomanni minimizza: «La previsione al ribasso della Ue era nota, non è un dramma. Non vedo un fatto nuovo».

La Commissione Ue parla oggi anche di un nuovo record del debito pubblico italiano, che dal 133% quest’anno dovrebbe salire a quota 134% nel 2014.

E poi, altra doccia fredda, prevede anche un nuovo record della disoccupazione in Italia, dal 12,2% per il 2013 verso il 12,4% nel 2014.

Saccomanni, in visita a Londra, ha trovato il tempo di parlare con il mio vecchio giornale, il Financial Times, rilasciando un’intervista un po’ insolita.

È prassi consolidata, un gentlemen’s agreement, che, poiché la Bce è un organo indipendente, i ministri o governi della zona euro non debbano sollecitare tagli o aumenti dei tassi di interesse in dichiarazioni pubbliche. Non si fa. Quando nel passato qualche politico francese ha violato questa regola è stato bacchettato.

Ma Saccomanni, che viene dalla Banca d’Italia, dove è stato direttore generale sotto la guida di Mario Draghi, ha sollecitato nell’intervista col Financial Times un cambio del tasso d’interesse della zona euro. Un’esternazione davvero inconsueta.

Il Financial Times cita Saccomanni che sollecita la Bce ad allentare la politica monetaria e si domanda quanto sia realmente efficace la strategia della Banca centrale di intervenire solo verbalmente, ad esempio con la recente promessa di mantenere i tassi d’interesse bassi finché non si vede una ripresa più forte nell’eurozona. Curioso, l’intervento del ministro.

«L’euro al momento è la moneta più forte contro dollaro, lo yuan, la sterlina e il franco svizzero», ha detto Saccomanni al FT.

«Ciò deve rispecchiare la percezione della linea di politica monetaria in Europa di fronte a quello che altri Paesi stanno facendo ora e che faranno nell’immediato futuro. Se capisco bene, i mercati vogliono vedere qualche azione concreta a un certo punto e potrebbe essere prima della fine dell’anno», ha dichiarato Saccomanni.

A parte l’insolita uscita di Saccomanni, c’è un altro elemento qui: l’euro ha già raggiunto la settimana scorsa un massimo di 1,38 contro la moneta americana. Ora sta intorno a 1,35 e non c’è dubbio che la forza dell’euro inibisca gli export per alcuni paesi, Italia compresa. Ma non è automatico che un taglio da 0,50% a 0,25% del tasso di riferimento abbia un effetto così importante perché nel mondo misterioso delle valute ci sono tante altre variabili.

Comunque, secondo un’altra regola non scritta della finanza, quando un politico, o un ministro, richiede un intervento sulla politica monetaria, in modo esplicito e a meno di 48 ore da una riunione della Bce, è raro che la Banca centrale accolga la richiesta. E la maggior parte degli analisti pensa che il tasso di riferimento resterà invariato questa settimana.

Però, poiché la Bce potrebbe presto abbassare il tasso d’interesse, cosa assolutamente possibile anche perché la Bce ha più spazio di manovra quando l’inflazione è ridotta – e il livello d’inflazione nella zona euro a ottobre è sceso a soltanto 0,7 – forse Saccomanni voleva semplicemente spingere in questa direzione. Curioso lo stesso.

Ma Saccomanni ha parlato anche di altro da Londra, e ha messo in dubbio l’abolizione della seconda rata dell’Imu.

«Difficile trovare le coperture per evitare la seconda rata dell’Imu», ha annunciato a Londra Fabrizio Saccomanni, e con una frasetta ha riaperto la controversa questione dell’imposta sulla casa.

Perché l’ha detto? I casi sono due: o era una risposta troppo onesta ma non definitiva, e quindi politicamente naïve ma sincera, oppure c’è un vero rischio che ora si chieda agli italiani il pagamento della seconda rata. Non devo dirvi come questo innescherebbe ancora più polemiche sulla scena della politica italiana, già alle prese con una legge di stabilità criticata da tutti tranne che dal Consiglio dei ministri.

Oggi, 6 novembre, Alfano ha fatto la voce grossa, affermando categoricamente che «la seconda rata Imu non si pagherà. È un impegno assunto con il Parlamento e con gli italiani ed è un impegno che sarà mantenuto, che dovrà essere mantenuto». Mi limito qui a osservare come in questo contesto Angelino Alfano ne esca come un eroe, come la sentinella delle istanze Pdl all’interno delle larghe intese.

Che il vicepremier abbia approfittato della naïveté di Saccomanni, o che l’occasione gli sia stata servita su un piatto d’argento, l’unica certezza è il trovarsi nuovamente di fronte ai soliti e logoranti giochetti politici che vanno avanti ininterrottamente da quest’estate. Qui non si tratta di economia, di tasse e coperture, ma di giochetti politici. E l’intreccio in Senato tra l’approvazione della legge di stabilità e la decadenza di Silvio Berlusconi non farà che moltiplicare questi giochi. Dei veri problemi del Paese, si parla troppo poco.

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