7 maggio 2019 – Giù il pil e gli investimenti, su il debito, il deficit e la disoccupazione. Le previsioni primaverili della Commissione Ue fotografano un’Italia in procinto di collassare, schiacciata dal peso del debito e incapace di uscire da una situazione
La Commissione prevede, per quest’anno, una crescita del pil che in realtà è stagnazione: 0,1%, rispetto allo 0,2% stimato lo scorso febbraio. Nel 2020 ci sarà una debole crescita pari allo 0,7%, un dato che fa dell’Italia il fanalino di coda dell’Europa. Allo stesso tempo, il debito schizza al 133,7% nel 2019 e a 135,2% nel 2020 (altro che parabola discendente!), mentre il deficit, secondo le stime di Bruxelles, salirebbe al 2,5% nel 2019 (rispetto al 2,04 concordato con la Commissione), mentre nel 2020 schizzerebbe addirittura al 3,5%, mezzo punto al di sopra dei parametri di Maastricht. Ovviamente, senza considerare l’aumento dell’Iva contenuto nelle clausole di salvaguardia inserite in legge di bilancio, che il governo sostiene di voler disinnescare, senza tuttavia essere in grado di spiegare dove prendere i soldi per farlo. Quanto agli investimenti, nel 2019 sono addirittura negativi (-0,2%, un unicum in tutto il continente), mentre nel 2020 saliranno dello 0,9%, rendendoci comunque maglia nera in Europa, dove la media è del 2,3%. Aumenta la disoccupazione: «È improbabile – scrive la Commissione – che il mercato del lavoro sfuggirà all’impatto dell’economia stagnante, come indicano le sommesse aspettative di impiego delle imprese. Ci si aspetta che la crescita dell’occupazione si arresterà nel 2019», mentre la disoccupazione salirà all’11% nel 2020 (dal 10,6 nel 2018) «visto che è probabile che il reddito di cittadinanza indurrà più persone ad iscriversi nelle liste di disoccupazione e quindi ad essere contate come forza lavoro».
«Le previsioni della Commissione europea mi sembrano ingenerose», ha detto il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. E questo perché, argomenta, «lo 0,1% significherebbe che gli ultimi provvedimenti presi non avrebbero nessuna prospettiva di crescita». Secondo Conte «non valutare che le nostre misure avranno qualche impatto è un atteggiamento pregiudizialmente negativo». Le misure prese dal governo «continueranno a produrre effetti». «Ci aspettiamo nel secondo trimestre una crescita che confidiamo e speriamo sostenuta». «Abbiamo un percorso di politica economica e sociale – ha aggiunto il premier – e lo perseguiamo con determinazione. Lasciamo ad analisti, esperti, istituzioni finanziarie interne ed estere fare le loro previsioni. A noi interessa un percorso ben definito».
Gli fa eco il ministro delle Finanze Giovanni Tria, che sembra però caldeggiare, in assenza di alternative credibili e come già fatto in diverse altre occasioni, un aumento dell’imposta sul valore aggiunto: «Le previsioni sul deficit di Bruxelles – ha detto – sono sostanzialmente uguali, tranne che per l’anno prossimo, ma lì c’è il problema legato ad una vecchia discussione con la Commissione europea. E cioè che loro fanno previsioni, come dicono, a politiche invariate», vale a dire a «legislazione invariata». Considerando cioè quanto accaduto negli «anni passati», quando non vennero applicati aumenti dell’Iva. Per il ministro bisognerebbe invece considerare che nello stesso Def e nella risoluzione del Parlamento «si chiede un aumento dell’Iva e si chiede di mantenere gli obiettivi di deficit pubblico».
Ad ogni modo, la resa dei conti è spostata a dopo le europee: la crescita italiana, ha affermato il commissario Ue Moscovici, è «molto contenuta» e ha «incidenza su conti. Ma non è oggi che parleremo del rispetto» del Patto di stabilità. «Bisognerà tornarci su, ma la Commissione valuterà la conformità col Patto nel pacchetto di primavera pubblicato a giugno, e terremo conto anche dei risultati 2018 così come il programma di riforme presentato il mese scorso». Bruxelles ha «avviato colloqui con il Governo, e in particolare con il ministro dell’economia, perché è importante, prima di avere una valutazione, avere una visione comune».