L'ICONOCLASTA

Tagliare le auto blu è positivo ma simbolico, tagliare un po’ di Irpef per i lavoratori e Irap per le imprese è un buon inizio per un programma più ambizioso. Ma ci vuole molto di più. La ricetta per la crescita e l’occupazione richiede un programma di trasformazione pluriennale che comprenda un Jobs Act che riformi il mercato del lavoro in modo radicale e introduca nuovi incentivi fiscali per l’occupazione femminile. E poi una nuova trasparenza, meritocrazia e mobilità nella Pubblica amministrazione. E un piano per abbattere il debito pubblico. E un piano per eliminare gli sprechi nelle Regioni. Infine, non dimentichiamo: l’economia non può rinascere senza regole chiare e una riforma vera della giustizia civile.

19 aprile 2014 – Gli 80 euro arrivano, ma devono essere visti come un punto di partenza e non una fine. Le coperture si troveranno, non solo per questo ma anche per le altre riforme che ci aspettano.

Il cammino di una vera trasformazione dell’economia italiana è lungo, e quindi per Renzi si tratta di una maratona e non di uno sprint di 100 metri. Si tratta di una necessità pluriennale, di una serie di riforme di vasta portata, come ho scritto nel capitolo “La Ricetta” del mio nuovo libro.

Ora, con alcuni gattopardi della sinistra del Pd in agguato, stiamo vedendo le cose in modo più chiaro. Renzi sta mostrando coraggio, energia e un bel menefreghismo davanti ai burocrati. Mi è piaciuto il suo coraggio nello sfidare non solo i megadirigenti della P.A. con il tetto agli stipendi, ma anche i magistrati, che fanno parte della vecchia casta di questo paese.

Alcuni miei colleghi scettici o bersaniani rimangono negativi. Il Gattopardo vive non solo nella politica ma anche, talvolta, nel giornalismo. Ma man mano che si iniziano a tradurre gli annunci in fatti, gli italiani capiranno che per far rinascere questo Paese ci vuole un programma che comprende molti elementi. Gli 80 euro aiutano chi guadagna meno di 1.500 euro al mese. Ma bisogna anche far girare il denaro nell’economia per stimolare la domanda, e il pagamento dei debiti della P.A. alle imprese per 60 o 70 mld quest’anno è doveroso e aiuterà ad agganciare la ripresa, che rimane fragile e debole.

La verità è che svariate riforme dell’economia, dal mercato al lavoro alla burocrazia e passando anche per la riforma della giustizia civile, possono creare le precondizioni per una battaglia contro la disoccupazione. Ma ci vorrà del tempo, anche qualche anno. Ci vorrà, a mio avviso, anche una nuova politica industriale con investimenti pubblici e sgravi fiscali per i privati nei settori strategici come turismo, infrastrutture e banda larga. Ci vorrà un rimodellamento dell’assistenza sociale per garantire più eguaglianza e nuove misure per la tutela della fascia più debole della società. E ci vorrà sicuramente una politica mirata a proseguire con tagli dell’Irap e dell’Irpef anche nei prossimi anni, anche nel 2015 e nel 2016.

Tutto questo suppone una volontà politica, che c’è da parte di Renzi, Ncd, in una parte dell’opposizione, ma non degli sconfitti dell’8 dicembre, che insistono con i loro giochi di potere.

Oggi, un anno fa, è stato un giorno ignobile per la politica, in cui i franchi tiratori del Pd hanno affossato Prodi. Gli stessi franchi tiratori vivono oggi, come gattopardi, nelle votazioni segrete, che si tratti della legge elettorale, dell’abolizione del Senato o del decreto sulle proroghe del tempo determinato.

Chi vuole per l’Italia le riforme di vasta portata deve capire che le forze di conservazione sono fortissime. La resistenza contro le riforme da parte dei gattopardi continua, ed è probabile che tra i conservatori di oggi ci siano anche quegli ultrà del Pd che hanno votato contro Prodi il 19 aprile 2013.

Io comunque rimango cautamente ottimista, anche in un paese che fa enorme fatica a realizzare dei veri cambiamenti. La gente ha capito. Tanti politici no, alcuni sì. Ma diciamo le cose come stanno: se l’Italia vuole sopravvivere nel 21esimo secolo, in un mondo sempre più complesso, deve cambiare davvero.

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