L'ICONOCLASTA

Titolo V: La madre di tutte le riforme. È una riforma non solo costituzionale ma con benefici economici. In questo brano del mio libro spiego anche come fare.

14 aprile 2014 – È stato uno degli errori più grandi della storia della Repubblica, un errore che rappresenta oggi il singolo spreco più grande in Italia e il singolo taglio più importante possibile, e senza la riduzione dei servizi pubblici. Anzi.

Secondo Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato, si potrebbero risparmiare addirittura fino a 40 miliardi di euro l’anno attraverso l’abolizione delle Regioni, riportando la gestione di varie spese a una regia centrale.

A me sembra esagerato. È sicuramente una provocazione ma ci dà un senso delle dimensioni del problema. Le Regioni non hanno sprecato miliardi di euro in questi anni, hanno sprecato decine di miliardi di euro.

Chi conosce il costo dei palazzi opulenti e grandiosi delle Regioni, il costo dei consigli regionali, capisce. Non c’è neanche bisogno di andare a cercare gli esempi più eclatanti (ma non inusuali) di sprechi, come le mutande verdi di un presidente della regione Piemonte o le altre spese assurde (finite sotto indagine) dei consiglieri regionali in Emilia-Romagna e altrove.

Sarà una provocazione ma mica tanto. L’abolizione delle Regioni, o il ritorno di tante delle loro competenze a una regia centrale in cui i costi vengono tenuti sotto controllo, non è sbagliato come concetto. È molto difficile immaginare la volontà o l’unità politica necessarie per farlo.

Monorchio spara alla grande quando sostiene che abolendo le Regioni si taglierebbe la spesa pubblica per 40 miliardi di euro. Ma per chi capisce tutto questo, l’idea di abolire le Regioni non è così shock.

Invece si potrebbe ricordare che ci sono cinque Regioni virtuose in Italia e quindici che sono in deficit. La maggior parte delle spese delle Regioni è sulla sanità. Nel 2012, secondo la Corte dei Conti, le Regioni in surplus nel sistema sanitario nazionale erano Lombardia, Veneto, Umbria, Marche e Abruzzo. Il disavanzo era di 2 miliardi di euro a livello consolidato. Ma le Regioni non consolidano niente, è questo il problema. Gli sprechi nella sanità sono ben noti, anche se l’Italia ha un sistema molto buono. Ma la sanità rappresenta circa 110 miliardi all’anno di spese, ovvero il 75 per cento della spesa totale delle Regioni.

Va detto che in questi ultimi due anni c’è stato un lieve miglioramento, nell’ordine dello 0,7 o 0,8 per cento, nel contenimento delle spese sanitarie a livello nazionale. Ma tre quarti delle Regioni non hanno ancora applicato in modo sufficiente gli strumenti di benchmarking o segnalato gli obiettivi e i costi standard. E quindi c’è un disavanzo che si traduce in tasse, per tutti.

Una buona cosa sarebbe mettere mano su un piccolo fondo introdotto al tempo della legge Bassanini a metà degli anni Novanta. Chiamato con il brutto termine di Fondo Perequativo, fu un tentativo di aiutare le Regioni più povere del Sud a compensare la mancanza di capacità fiscale con un contributo annuale dello Stato. Purtroppo, come spiega Luca Antonini, uno dei maggiori esperti di federalismo fiscale, di questo fondo di 2,5 miliardi all’anno si è spesso abusato, proprio perché, non essendoci vincoli alla destinazione, è impossibile effettuare controlli. Se questo trasferimento ha avuto senso nel periodo di passaggio delle competenze dallo Stato alle Regioni, oggi è meno difendibile.

«Siccome queste competenze sono state trasferite da tempo si può dire basta a questi trasferimenti» sostiene Boeri.

Tanti sono stati i tentativi di abolire o rimodellare questo fondo, ma nessuno ha avuto successo a causa della forza delle lobby delle Regioni. Oggi, una parte rilevante del fondo non è più giustificabile per alcune Regioni del Sud, ma neanche per alcune Regioni a Statuto Speciale. Si potrebbe facilmente risparmiare un miliardo di euro dimezzando questo fondo, ma nessun governo ha mai avuto il coraggio di affrontare la questione.

Questo fondo è un esempio piccolo, mentre l’elefante nella stanza si chiama sanità.

Nella sanità si potrebbe risparmiare circa il 10 per cento all’anno (su una spesa annuale di 110 miliardi) se si introducesse una vera e propria disciplina nella gestione dei costi e degli appalti. Risparmi che si possono realizzare a livello locale o sotto una regia più centralizzata. E in entrambi i casi si potrebbero risparmiare questi soldi senza toccare né la qualità né la quantità dei servizi sanitari nel nostro Paese. Le Regioni stanno cercando di fissare degli obiettivi e di armonizzare i costi standard, questo è vero. Ma non basta. Bisogna andare a monte e ritoccare un po’ le competenze delle Regioni in termini finanziari.

(tratto da “Ammazziamo il Gattopardo” – Rizzoli, 2014)

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