L'ICONOCLASTA

Trump e le donne? Non solo folklore, i diritti acquisiti sono a rischio

Ivanka Trump, consigliera e figlia del presidente Donald, ha scritto un libro in cui consiglia alle donne come conciliare lavoro e famiglia. Tra i passaggi più discussi, quello in cui la first daughter si lamenta di non avere tempo nemmeno per un massaggio nei periodi di lavoro più intenso. Il libro, com’era da immaginarsi, ha sollevato un vespaio di polemiche; critiche che vanno a inserirsi in un contesto in cui le donne americane si sentono fortemente minacciate dalla nuova amministrazione repubblicana. Dei rischi alla libertà femminile, rappresentati dalla presidenza Trump, ne ho parlato in un’intervista pubblicata da Io Donna in occasione dell’uscita del mio ultimo libro Questa non è l’America (Newton Compton editori). Buona lettura!

3 maggio 2017 – «Nell’America di Donald Trump i diritti delle donne, dati per acquisiti, sono in serio pericolo. Il presidente statunitense ha un rapporto strano con l’altro sesso, un rapporto spesso violento. La madre era una donna fredda, lo ha mandato alla scuola militare, non credo abbia avuto un ruolo importante nella sua formazione. In campagna elettorale Trump si è dimostrato misogino, ha trattato le donne con volgarità e non ha esitato a definire grasse e brutte le giornaliste che lo intervistavano. Un livello mai sentito prima, in pubblico, né tra i candidati né tanto meno tra i presidenti». Esordisce così il giornalista americano Alan Friedman, autore del volume Questa non è l’America pubblicato da Newton Compton (pp. 382, €12,90). Lo raggiungo al telefono.

Quali sono le fasce più vulnerabili?
Trump è da sempre ostile nei confronti delle donne, degli omosessuali e dei trans. Questi ultimi sono stati presi di mira proprio in questi giorni: l’amministrazione statunitense ha ritirato le linee guida anti-discriminazione varate da Barack Obama secondo cui gli studenti transgender potevano usare bagni e spogliatoi nelle scuole pubbliche in base alla propria identità di genere, e non in base al sesso di nascita. Anche le minoranze finiranno nel mirino: a capo del ministero della Giustizia Trump ha nominato Jeff Sessions, un razzista di carriera dell’Alabama.

Nel suo ultimo libro lei dà voce alle donne che soffrivano già prima dell’insediamento di Trump…
Sì, ho viaggiato nell’America profonda e incontrato ragazze madri, sfruttate da società come la Walmart. Una di queste donne, in Louisiana, mi ha raccontata di essere stata licenziata al sesto mese di gravidanza quando ha presentato la documentazione medica secondo cui si era fatta male sul posto di lavoro. Le è stato detto che la Walmart non accetta i certificati del dottore. Questa donna è emblematica della vera America, quella in cui le fasce più basse della popolazione non sono tutelate a causa delle politiche messe in atto da Reagan, da Bush e da Clinton.

Non è quindi tutta colpa di Trump…
Nel mio libro racconto le vicende di un’infermiera del Missisippi. Alla domanda quale fosse il suo american dream mi ha risposto: “Che mio figlio di ventotto anni, nero, non sia ucciso dai poliziotti bianchi”. E poi c’è Nita Fischer che ho incontrato a Lake Charles, in Louisiana, lo scorso agosto. Lavorava per Walmart nel reparto alimentari, la paga era di 8,15 dollari l’ora. Una vittima della globalizzazione, i soldi non le bastano per comprare il cibo per il figlioletto di diciotto mesi. Eppure, queste donne hanno votato per Trump.

Perché?
Hanno creduto che avrebbe risolto i loro problemi, come lui aveva promesso di fare in campagna elettorale. La realtà è un’altra: i programmi di Donald Trump mirano a tagliare il welfare. E questo in un paese come l’America dove un bambino su cinque nasce e cresce nella povertà. Un milione e mezzo di famiglie americane sopravvivono con meno di due dollari al giorno, come in certe parti dell’Africa.

Secondo lei Donald Trump rappresenta una minaccia anche per le donne del ceto medio, ovvero per quelle che lo hanno votato perché non sopportano Hillary Clinton?
Sì, anche loro non se la passeranno bene perché Trump sta lasciando spazio a quei repubblicani ultraconservatori che vogliono rendere illegale l’aborto (negli USA il diritto all’aborto risale al 1973, un anno prima rispetto al referendum italiano, ndr). Con due nomine della Corte Suprema Donald Trump avrà una maggioranza solida, in grado di cancellare il diritto all’aborto. In realtà ha già tagliato i fondi per la contraccezione.

Quali altri misura ritiene pericolose per il futuro democratico degli Stati Uniti?
La ministra all’Istruzione è determinata a mettere fine ai finanziamenti alle scuole pubbliche, per elargire denari soltanto alle scuole private, in particolare a quelle dei cristiani evangelici.

L’opinione pubblica ha una chiara percezione di quanto sta succedendo?
Non in Europa. In America le donne lo hanno capito subito, e non solo le attiviste. E infatti 24 ore dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca 700mila di loro sono scese in strada a Washington. Il giorno dopo erano due milioni, in tutto il paese. A fare da cartina al tornasole è stata la richiesta di Trump affinché tutte le donne che entrano alla Casa Bianca indossino gonne e tacchi alti. Roba di altri tempi.

Quali armi hanno le statunitensi per difendersi?
Poche. Bisognerà far leva sulla magistratura, ovvero su quella stessa corte che ha bloccato il decreto esecutivo contro i musulmani. Sarà una battaglia lunga e dolorosa. E siamo solo all’inizio.

(Intervista di Farian Sabahi, pubblicata su Io Donna del 24 febbraio 2017)

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