Ora l’ex presidente può recitare la parte del martire e approfittarne per la campagna elettorale. Persino DeSantis e Pence, potenti avversari nelle primarie dei repubblicani, sono corsi in sua difesa
Il mio editoriale su La Stampa
Donald Trump ha detto una volta di “poter stare in mezzo alla Fifth Avenue e sparare a qualcuno” senza perdere nemmeno un voto. E se invece Trump fosse incriminato per varie accuse penali e fosse costretto ad affrontare due o tre importanti cause legali? A causa di ciò, perderebbe voti o li guadagnerebbe?
Questa è la domanda alla quale presto negli Stati Uniti si troverà una risposta. Vedremo se Trump riuscirà a trasformare le sue traversie giudiziarie in combustibile per la sua incendiaria campagna politica, e se riuscirà a passare per la vittima di una presunta caccia alle streghe agli occhi di un numero sufficiente di elettori per garantirsi la nomination repubblicana per la Casa Bianca nel 2024. È possibile.
Per Trump, la strategia vincente è questa: recitare la parte della vittima. Martedì pomeriggio, l’ex presidente quasi 77enne sarà accompagnato sotto scorta in un complesso scarsamente illuminato e piuttosto sudicio in Downtown Manhattan. Trump metterà piede nell’edificio della Corte Penale di Manhattan al numero 100 di Center Street e lì sarà ufficialmente arrestato. Gli verrà detto che ha il diritto di non parlare, che avrà diritto a essere assistito da un avvocato e così via. Poi gli scatteranno le foto segnaletiche, frontalmente e di profilo, e infine gli prenderanno le impronte digitali, proprio come nei film. Alle 14.15 Trump sarà accompagnato in un’aula di tribunale al quindicesimo piano di quello stesso edificio: lì un giudice gli leggerà gli oltre trenta capi d’accusa relativi ai suoi presunti reati. Gli chiederanno se si dichiara colpevole o non colpevole. Poi il giudice potrebbe fissare la data della prossima udienza. Infine, sarà lasciato andare.
Quando uscirà dall’edificio, Trump si presenterà ai suoi seguaci di tutta l’America come un martire, e raccoglierà milioni di dollari online sfruttando la presunta “caccia alle streghe” contro di lui come un nuovo motto di mobilitazione. Quando uscirà dall’aula, l’America dovrà assistere a un ex presidente messo due volte sotto accusa per impeachment e poi incriminato che trasforma l’atto d’accusa in un suo vantaggio politico, quanto meno sul breve periodo, e probabilmente ciò lo porterà alla guida della corsa per la nomination repubblicana nelle presidenziali del 2024. Perfino Ron DeSantis e Mike Pence, i suoi potenti avversari nelle primarie dei repubblicani, sono corsi in sua difesa. Il partito repubblicano, va ricordato, ormai è un guscio vuoto, l’ombra di sé stesso. È stato epurato da Trump dei più moderati a eccezione di Mitch Romney e di qualche altro senatore. Un tempo era il partito di Abraham Lincoln, sosteneva valori conservatori e di centrodestra, era il partito di Reagan e Bush, mentre oggi il partito repubblicano è la setta dei sostenitori di Trump, e i suoi rappresentanti al Congresso perlopiù sono spesso teorici della cospirazione di Q Anon, antisemiti e razzisti, ciarlatani anti-LGBT, ed estremisti senza cultura o un senso degli istituzioni. La base di Trump è ancora viva e vegeta e crede ancora alle sue menzogne, alle piccole come alle grandi. Decine di milioni di repubblicani ancora oggi credono alla balla di Trump secondo cui le elezioni del 2020 sono state ‘rubate’ da Biden. Un terzo dei repubblicani registrati al voto ancora oggi crede che la violenza sia ammissibile per “salvare gli Stati Uniti” e perseguire i loro scopi politici.
È in questo clima che arriva la prima incriminazione di Trump. La causa di New York, tuttavia, da un punto di vista strettamente legale quasi sicuramente sarà l’ultima delle preoccupazioni per l’ex presidente. Seguiranno infatti altre incriminazioni penali ad Atlanta e a Washington DC che presumibilmente saranno relative a reati ben più gravi che commettere una frode per pagare 130mila dollari a una pornostar. Ad Atlanta, Trump potrebbe dover rispondere dell’accusa di cospirazione e di associazione a delinquere, come pure di accuse per aver cercato di interferire con il risultato elettorale. A Washington, invece, Trump potrebbe una buona volta essere incriminato per il ruolo avuto nell’istigazione dell’insurrezione violenta del 6 gennaio 2021. Ogni volta che l’ex presidente è accusato di qualcosa, evocherà sempre la falsa narrazione di una “caccia alle streghe” che si presume sferrata contro i lui. Le fabbriche di troll del Cremlino probabilmente dovranno fare gli straordinari per aiutare Trump e polarizzare così sempre di più l’America tramite i social media.
A rendere ancor più surreali i prossimi 18 mesi, è verosimile che tutte queste accuse penali e tutti questi atti processuali si svolgeranno in diversi tribunali degli Stati Uniti da adesso fino all’autunno 2024, proprio quando Trump starà facendo comizi alla guida dei repubblicani e quando poi potrebbe fare campagna elettorale durante la stagione delle elezioni generali del 2024. Noi americani non abbiamo mai visto sotto processo e contemporaneamente in campagna elettorale per essere eletto alla presidenza un candidato incriminato. Non abbiamo mai visto un presidente incriminato. Le divisioni politiche e sociali in America oggi sono tali che potrebbero spaccare maggiormente la nostra società già divisa e arrabbiata.
Trump, il cui flusso incessante di retorica infiammata ha anestetizzato molti americani, non è si fatto certo problemi a istigare i suoi sostenitori a scendere in piazza per protestare. Il 24 marzo l’ex presidente ha avvertito, in un post su un social media, che nel caso dovesse affrontare imputazioni penali ci potrebbero essere “morti e devastazioni”. L’uomo che il 6 gennaio istigò la folla a Washington oggi ricorre alla retorica del supercattivo nei fumetto, e i suoi seguaci, in buona parte con un basso livello di istruzione, potrebbero esserne ispirati e diventare di nuovo violenti. Speriamo di no, ma è pur sempre possibile.
Insomma, come potrebbero andare a finire le cose da un’ottica politica, in vista della corsa alla Casa Bianca nel 2024? Insieme a molti strateghi politici di Washington, credo che la migliore opportunità di rielezione per Biden verrebbe proprio dalla nomina di Trump nel 2024 a candidato ufficiale del partito repubblicano. Da un sondaggio condotto la settimana scorsa alla Quinnipiac University, si è visto che in un duello tra Trump e Biden il presidente in carica otterrebbe il 48 per cento delle preferenze degli elettori contro il 46 per Trump. Si è anche appurato, però, che in un’eventuale sfida tra Biden e DeSantis, il governatore della Florida sconfiggerebbe Biden 48 a 46.
Molto dipenderà dalla forza del sostegno a Trump nel partito repubblicano, che al momento o è imbarazzato e tace oppure si affanna a difendere il Martire di Mar-A-Lago. Se dopo un secondo e un terzo atto d’accusa nei suoi confronti, Trump dovesse avere in ogni caso un forte riscontro ancora nei sondaggi, beh, a quel punto potrebbe anche arrivare a conquistare la nomination.
(Traduzione di Anna Bissanti)