L'ICONOCLASTA

Una svolta epocale e positiva. Dopo 35 anni di ostilità l’Iran vuole riaprire agli Usa e fare un mezzo passo sul fronte nucleare, grazie agli sforzi del presidente Obama e considerando come il popolo stia soffrendo in modo terribile a causa delle sanzioni economiche. L’intervista di oggi, concessa dal presidente dell’Iran Rouhani a Lionel Barber, il direttore del Financial Times, è storica. Per chi non ha un abbonamento al FT online, vi racconto un po’…

30 novembre 2013 – «Questo è un momento di speranza, per il popolo dell’Iran e per il resto del mondo, mentre riflettiamo sul nuovo accordo nucleare. La mia percezione, dopo una lunga conversazione con il presidente Rouhani, è che la situazione stia migliorando, anche perché le cose non potrebbero andare peggio di così, dopo anni di sanzioni economiche che hanno fatto soffrire milioni di iraniani e dopo anni di incompetenza nella gestione dell’economia e malgoverno da parte di Ahmadinejad».

Così comincia il mio amico Lionel Barber nel video che ha girato ieri in un ristorante a Teheran, dopo un incontro con il presidente iraniano e cinque giorni di permanenza e conversazioni con Rafsanjani e con numerosi esponenti politici e della società civile nella capitale iraniana.

Secondo Lionel, il presidente Rouhani ha davanti a lui «a tricky balancing act», nel senso che deve tenere sott’occhio gli hardliners, gli ayatollah, gli imam e i conservatori che, da quando Rouhani il Moderato ha vinto alle urne, nel giugno scorso, si sono messi sulla difensiva. Ma Rouhani deve anche preoccuparsi di aiutare un popolo da tempo sofferente e battuto, fustigato da anni di recessione e contrazione del Pil. L’anno scorso il Pil iraniano ha perso 6 punti e l’inflazione viaggia al 60% all’anno!

Dice Lionel nel suo video reportage: «Mr. Rouhani deve quindi mantenere un delicatissimo equilibrio tra l’esigenza di riforme a casa, la necessità di invertire la tendenza e agganciare la ripresa, e lo scettiscismo che rimane in Arabia Saudita, Israele e Washington sulle sue intenzioni riguardo alla questione nucleare».

«Intanto» ha detto Rouhani, «la prima tappa per la creazione di una fiducia reciproca con l’America è la questione nucleare. Se troviamo una soluzione lì, allora possiamo migliorare i nostri rapporti con l’America passo per passo».

Ora, a me sembra che anche l’ayatollah Khamenei, la Guida Suprema, abbia deciso di scommettere sull’accordo nucleare come un primo obiettivo fondamentale, per poi farsi levare tutte le sanzioni e andare avanti con una graduale normalizzazione dei rapporti tra Usa e Iran.

Dopo 35 anni di ostilità, dall’epoca dell’ayatollah Khomeini nel 1979 e gli ostaggi americani a Teheran, si vede la luce in fondo al tunnel.

Mi sembra che Rouhani voglia la pace, voglia rapporti economici, scambi commerciali, una soluzione che aiuti la sua economia, la sua società e il suo popolo, colpito duramente, steso dalle sanzioni economiche. Quindi, se la Guida Suprema Khamenei e il presidente Rouhani, tutti e due, sono disposti a trattare con il presidente Obama e l’Europa, io sono cautamente ottimista che qualcosa di buono potrà venire fuori nei prossimi 12 mesi. Non mi fido di Teheran al 100 percento sulla questione nucleare, ma credo che ora la vera sfida sia di convincere il Senato a Washington, che rimane super scettico, a togliere qualche sanzione. Come dire: Give peace a chance.

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