L'ICONOCLASTA

Usa – La Federal Reserve lascia i tassi invariati, tra 0 e 0,25%: «L’economia globale e gli eventi finanziari potrebbero frenare l’economia, inflazione ancora bassa»

17 dicembre 2015 – La Fed lascia il costo del denaro ai minimi storici: la banca centrale statunitense ha deciso di tenere i tassi ai minimi storici, nella forchetta compresa tra lo zero e lo 0,25 per cento.

In molti si aspettavano che la Fed avrebbe alzato i tassi per la prima volta dal 2006, da prima dello scoppio della crisi finanziaria mondiale, ma così non è stato. L’economia statunitense non è ancora guarita del tutto. Pesano i timori per i «recenti avvenimenti economici e finanziari mondiali» che, spiega la Fed in un comunicato, «potrebbero comprimere l’attività economica ed è probabile che premano ulteriormente al ribasso sull’inflazione nel breve termine». Secondo la Fed, l’inflazione resterà nel breve termine ai minimi e continuerà a salire gradualmente verso il 2% nel medio termine. E ancora: «I rischi per l’economia e il mercato del lavoro restano piuttosto bilanciati». In conclusione, «Sarà appropriato alzare i tassi quando si saranno visti ulteriori progressi nel mercato del lavoro e quando l’inflazione sarà tornata verso il suo obiettivo di medio termine del 2%».

«Bisogna essere determinati ma alla luce di quello che abbiamo visto recentemente sui mercati vogliamo ancora prenderci un po’ di tempo. Aspettiamo ulteriori sviluppi», ha riassunto in conferenza stampa la presidente Janet Yellen.

La decisione della Fed è stata presa a larghissima maggioranza: 9 voti a favore e un solo contrario, il presidente della Fed di Richmond, Jeffrey Lacker, che avrebbe preferito un aumento di un quarto di punto percentuale.

La Federal Reserve ha poi diffuso le nuove previsioni economiche: ha alzato le stime sulla crescita dell’anno in corso (2,1% di crescita del Pil rispetto all’1,9 previsto a giugno) ma tagliato quelle per il 2016 (2,3 invece di 2,5%). Riviste anche le previsioni sulla disoccupazione, che sarà più bassa di quanto anticipato lo scorso giugno (5% invece del precedente 5,3%) e dell’inflazione.

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