Il mio editoriale, pubblicato stamattina su La Stampa.
19 gennaio – Mentre in Italia va in scena un melodramma politico nel bel mezzo di una pandemia letale, con un tempismo a dir poco discutibile, anche il mio Paese attraversa un periodo di tumulto e cambiamento. Come in Italia, il Covid ha flagellato la nostra economia e la nostra società. Ci sono troppe morti, troppe, in entrambe le nazioni.
Ma a differenza dell’Italia, nonostante la sua attuale crisi politica, la democrazia statunitense è stata davvero messa a repentaglio nelle ultime settimane, sfidata da un’insurrezione armata. E a incitare la violenza è stata proprio la figura che dovrebbe proteggerci da pericoli simili: il nostro presidente. Comunque, Trump se ne sta andando, e il 20 gennaio avremo un nuovo governo. Cercheremo di portare a termine una transizione pacifica ma l’inaugurazione cade proprio nel cuore di un lockdown armato: nella capitale vige il coprifuoco e l’Fbi lancia moniti su ulteriori violenze da parte dei Proud Boys e altri supporter di Trump. In tutto questo, il Senato si prepara a processareTrump per aver aizzato i suoi all’insurrezione.
È davvero un’epoca di tumulto e cambiamento a Washington. Trump non è solo il primo presidente della Storia a essere sottoposto a impeachment due volte, sarà anche il primo presidente a dover rispondere alle accuse del Senato dopo aver lasciato il proprio ufficio. Con Trump tutto è senza precedenti. Tutto è divisivo. Eppure, mercoledì 20 gennaio a mezzogiorno diremo finalmente addio a questo periodo di trauma nazionale e internazionale, a questo choc condiviso e collettivo. Diremo addio a un presidente fuorilegge. Anche se sappiamo che non scomparirà dalle scene, e che ci sono ancora milioni di fan armati e bande pronte alla violenza che rispondono ai suoi ordini. La strada che si apre davanti al presidente Joe Biden non è dunque priva di ostacoli. Non sarà così semplice guarire e unire una nazione lacerata. Anche se i democratici avranno il controllo del Congresso, ci sono tante sfide da affrontare, tutte insieme: farsi confermare dal Senato le nomine ministeriali sarà facile, ma introdurre e approvare in tempi rapidi un pacchetto di stimoli pari a 1900 miliardi di dollari, con i relativi interventi legislativi, un po’ meno, e tutto questo mentre si procede con l’impeachment di Trump. Biden vorrà inoltre mostrare una salda leadership sul fronte vaccini e una mano sicura per quanto riguarda il rilancio dell’economia. Il processo a Trump – qualunque siano le tempistiche – sarà un elemento di distrazione.
La buona notizia è che a partire dal 20 gennaio avremo di nuovo alla Casa Bianca un leader di grande esperienza, uno statista, un uomo equilibrato, razionale e onesto. Un uomo per bene. E Biden ha alle spalle un team di grande competenza. Dopo il trauma degli anni di Trump, il nuovo presidente comincerà a ristabilire la democrazia, con le sue tradizioni, regole e consuetudini. Ristabilirà la dignità e la civiltà consone alla Presidenza degli Stati Uniti. Si adopererà per vaccinare 100 milioni di americani nei primi 100 giorni. Riaffermerà il rispetto per i diritti umani e libererà i bambini che Trump ha chiuso in gabbia lungo il confine messicano. Non lesinerà sforzi per migliorare i rapporti con la Nato e l’Unione Europea nel più breve tempo possibile. Cosa più importante, a partire dal 20 gennaio, l’America avrà di nuovo un presidente che crede nell’imperio della legge, e non cercherà di politicizzare l’operato del suo ministro della Giustizia, o di abusare del proprio potere, come invece ha fatto il suo predecessore. E questo è fondamentale. A partire dal 20 gennaio avremo un presidente che non insulta e non attacca l’Fbi e la Cia e la Nato. Avremo un presidente che non si prostra al cospetto dei dittatori, ma al contrario è pronto a ricordare al mondo intero la nostra fiducia nel potere della democrazia e nella tradizionale alleanza con l’Europa. Si è già visto con la condanna dell’arresto di Navalny da parte di Jake Sullivan, il nuovo Consigliere per la sicurezza nazionale di Biden.
Ci vorrà molto tempo prima che Biden possa guarire la società americana, e forse non è possibile in tempi brevi stabilizzare una società così devastata da rabbia e paura. Ristabilire legami transatlantici forti e amichevoli sarà invece più rapido. Gran parte dei leader europei, a partire da Macron e Merkel, sarà felicissima di riabbracciare l’America di Joe Biden nella famiglia delle nazioni occidentali civilizzate, nel seno del sistema multilaterale. Boris Johnson, Le Pen, Orbán e gli altri orfani di Trump, al contrario, dovranno semplicemente prendere atto che non c’è più un sovranista alla Casa Bianca.