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WikiLeaks: L’intelligence americana spiava Silvio Berlusconi nell’autunno 2011, al culmine della crisi dell’euro. Le nuove rivelazioni confermano le pressioni di Sarkozy su Berlusconi, rivelate nel capitolo 11 di My Way

WikiLeaks ha appena diffuso delle trascrizioni realizzate dalla National Security Agency americana (l’organismo d’intelligence che insieme a CIA e FBI si occupa della sicurezza nazionale statunitense) che mostrano la sua attività di monitoraggio nei confronti dell’allora premier Silvio Berlusconi (e del suo entourage) tra il 2010 e il 2011, alla vigilia delle sue dimissioni e la nascita del governo tecnico di Mario Monti. Due le trascrizioni rilasciate dall’organizzazione di Julian Assange. Nella prima, la NSA riporta un colloquio telefonico del marzo 2010 tra Berlusconi e il presidente israeliano Benjamin Netanyahu: è un momento di profonda crisi tra Washington e Tel Aviv, Netanyahu si mette alla ricerca di appoggio diplomatico da parte di alcuni paesi europei per appianare le relazioni con gli Usa e, in quella situazione, un Berlusconi intercettato promette al leader mediorientale di «mettere l’Italia a disposizione di Israele». Nella seconda trascrizione, molto più interessante per le vicende interne italiane, a essere intercettato nell’autunno 2011 è un consigliere stretto e fidatissimo di Silvio Berlusconi, Valentino Valentini. L’argomento della conversazione è l’incontro del 22 ottobre a Bruxelles tra l’ex premier, la cancelliera Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy. Siamo nel momento di massima crisi per l’Italia, tra impennata dello spread e rischio di bancarotta: il giorno dopo andrà in scena la grande umiliazione di Berlusconi, con la conferenza stampa in cui il leader francese e la tedesca si scambiano i famosi sorrisini nei confronti dell’allora primo ministro italiano che pochi giorni dopo, il 12 novembre, darà le sue dimissioni spianando la strada al governo Monti. «Sarkozy – riporta il cablo di WikiLeaks – avrebbe detto a Berlusconi che, mentre le affermazioni di quest’ultimo sulla solidità del sistema bancario italiano, in teoria, potevano anche essere vere, le istituzioni finanziarie italiane potrebbero presto “saltare in aria” come il tappo di una bottiglia di champagne e che “le parole non bastano più” e che Berlusconi “ora deve prendere delle decisioni”. Non solo: il 24 [ottobre] Valentini ha indicato che il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha sollecitato l’Italia ad adottare misure finalizzate a ridurre l’impressione all’interno dell’Unione Europea che l’Italia sia oppressa da un enorme debito, in un momento in cui sta lottando anche con una bassa produttività e la sua economia sta mostrando poco dinamismo». WikiLeaks riporta inoltre altri tre numeri di telefono utilizzati dalla NSA nel suo programma di sorveglianza e ascolto: quello di Stefano Stefanini, rappresentante permanente dell’Italia alla Nato dal 2007 al 2010, quello dell’allora consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, Marco Carnelos, e quello dell’ex consigliere per la sicurezza nazionale, Bruno Archi. Informazioni e documenti che vanno a completare il quadro dell’Intrigo Internazionale nei confronti dell’ex premier Silvio Berlusconi di cui mi sono occupato sia nel mio precedente libro (Ammazziamo il Gattopardo, Rizzoli 2014), sia nel recente My Way: Berlusconi si racconta a Friedman. Pubblichiamo qui, in esclusiva per i lettori di alanfriedman.it un brano tratto dal capitolo 11 di quest’ultimo, in cui viene riportata la testimonianza di Tim Geithner, segretario del Tesoro Usa tra il 2009 e il 2013, che rivela come alcuni funzionari europei lo contattarono in quel caldo autunno proponendogli un piano per far uscire di scena Silvio Berlusconi.

23 febbraio 2016 – (…) Ormai l’amministrazione Obama osservava con orrore da molti mesi gli sviluppi della crisi dell’Eurozona. Tim Geithner, in qualità di segretario del Tesoro, era stato il più deciso sostenitore di un firewall da 1000 o 2000 miliardi di euro, un fondo di salvataggio che l’Europa avrebbe potuto e dovuto creare per difendere se stessa e la moneta unica. Per tutto il 2011 restò in stretto contatto con Christine Lagarde, il nuovo direttore operativo del Fondo monetario internazionale, e con la Commissione europea, con i suoi colleghi ministri delle Finanze delle maggiori nazioni e con gran parte dei leader dell’Unione. Angela Merkel, da parte sua, non pareva gradire particolarmente l’attivismo di Geithner: era contraria ad alcune sue proposte, dall’idea di usare la Bce per stampare moneta al sostanzioso contributo che i governi europei avrebbero dovuto garantire al fondo di emergenza, la barriera per proteggere l’economia europea.

La scarsa inclinazione di Angela Merkel per le tesi di Geithner non impedì tuttavia che in quell’autunno 2011 succedesse qualcosa di molto strano, più adatto a un thriller che alle noiose cronache delle relazioni politiche ed economiche tra Europa e Stati Uniti. Si trattava di una proposta particolarmente provocatoria rivolta a Geithner e alla Casa Bianca da Francia e Germania. Tutto cominciò poco prima del vertice del G20, in programma a Cannes per i primi giorni di novembre.

Come Geithner avrebbe in seguito raccontato al team che lo aiutava a preparare il suo libro- memoriale pubblicato nel 2014 (Stress Test: Reflections on Financial Crises): «C’è un vertice del G20, tenuto da Sarkozy in Francia, che fu davvero incredibilmente interessante, una cosa affascinante per noi e per il presidente.

«In realtà gli europei prima dell’incontro ci hanno avvicinato con delicatezza, in maniera indiretta, dicendo: “Fondamentalmente, vorremmo che ci aiutiate a costringere Berlusconi ad andarsene”. Fondamentalmente volevano farci dire che non avremmo appoggiato un prestito dell’Fmi o qualunque altro intervento di cui l’Italia avesse avuto bisogno, se Berlusconi restava primo ministro. Era cool, interessante. Risposi di no» disse Geithner.

«Pensavo che quello che Sarkozy e Merkel stavano facendo era in fondo corretto, mi fu chiaro che il pubblico tedesco, la Germania, non avrebbe accettato di finanziare un grande firewall, più soldi dai contribuenti tedeschi, se Berlusconi avesse continuato a presiedere il governo italiano. In quel momento era in mezzo a uno dei suoi processi per sesso con minorenni e cose del genere».

Per Geithner, il piano per far fuori Berlusconi poteva anche essere valido, a prima vista, ma faceva scattare troppi allarmi. Ai suoi occhi di americano sarebbe potuto sembrare un’affascinante trama europea, ma era anche un autentico intrigo internazionale mirato a un cambio di regime in Italia. Quel piano, inoltre, implicava lo stravolgimento del ruolo dell’Fmi e l’uso di un’istituzione internazionale come strumento politico per spodestare Berlusconi. Geithner procedette a informare Obama.

Nel suo memoriale, Geithner racconta così quei momenti: «Parlammo al presidente di quel sorprendente invito, ma per quanto potesse essere utile migliorare la qualità della leadership in Europa, non potevamo lasciarci coinvolgere in un piano del genere. “Non possiamo macchiarci le mani del suo sangue” dissi».

«Gli europei ne avevano abbastanza di Berlusconi» dichiarò un funzionario americano che faceva parte della delegazione degli Stati Uniti a Cannes. «Cercavano di immaginare un sistema nel quale lui non fosse più il capo del governo. Così si misero a considerare un’idea dopo l’altra. Potevano costringerlo a gettarsi tra le braccia del Fondo monetario? Potevano costringerlo ad accettare un programma dell’Fmi che non prevedesse un prestito?»

La logica era che se Berlusconi fosse stato costretto ad accettare un qualunque prestito dell’Fmi, non avrebbe più avuto nessuna credibilità politica e sarebbe stato costretto a dimettersi.

Altri membri della delegazione americana hanno confermato il piano, a condizione di non essere citati per nome. Uno di loro, un ex funzionario della Casa Bianca che aveva lavorato a stretto contatto con Geithner, è stato ancora più diretto e ha sostenuto che il piano per estromettere Berlusconi fu discusso «ai livelli più elevati. Merkel non poteva sopportare Berlusconi. Sì, avevano questo folle progetto. Ma il presidente non aveva intenzione di lasciarsi coinvolgere. Era una cosa che riguardava i conflitti intestini della politica europea».

Quanto all’idea del cosiddetto piano «precauzionale» dell’Fmi che Berlusconi avrebbe dovuto accettare, lo stesso funzionario americano non usa mezzi termini: «Sarkozy e Merkel non volevano un programma precauzionale. Volevano liberarsi di Berlusconi».

Naturalmente, gli americani non erano gli unici a essere a conoscenza di quanto stava accadendo. L’ex presidente della Commissione europea Barroso ricorda in un’intervista: «Per me era chiaro che Sarkozy voleva veder scorrere il sangue. Voleva lo scalpo dell’Italia».

All’interno dell’Fmi di Christine Lagarde, alcuni dirigenti avrebbero confidato in seguito che era evidente a tutti che Berlusconi non sarebbe sopravvissuto politicamente se avesse sottoscritto un programma del Fondo monetario. «Non credo che ci fosse niente di particolarmente sottile» disse uno di loro. «Si può chiamarlo complotto o come si vuole. Ma di certo si sentiva che Berlusconi aveva perso qualunque credibilità, all’interno e all’esterno, e l’unica cosa che avrebbe potuto fornire quella credibilità era un programma dell’Fmi, e non occorreva essere un premio Nobel per immaginare che sarebbe stato il fattore cruciale. I suoi partner europei sarebbero stati felicissimi se Berlusconi fosse stato vaporizzato».

Era questo lo sfondo di uno dei vertici più drammatici della storia recente, la riunione del G20 a Cannes il 3 e 4 novembre 2011 (…).

Brano tratto da My Way: Berlusconi si racconta a Friedman. Capitolo 11 – Intrigo Internazionale

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