L'ICONOCLASTA

Draghi tira fuori un mezzo bazooka. La Germania della Merkel si è messa di traverso e l’arsenale della BCE è stato messo in campo solo in parte. Intanto in Italia i gattopardi sono in agguato: siamo all’inizio della Guerra dei Mille Giorni, ovvero 1000 giorni di lotta all’ultimo sangue tra gli ultimi giapponesi della giungla, che vogliono stoppare le riforme, e i progressisti, che vogliono modernizzare il Paese.

5 settembre 2014 – Ieri Draghi ha presentato le nuove armi monetarie della BCE nella lotta contro la deflazione.

Sono stati tagliati di dieci punti base tutti i tassi controllati dalla banca centrale, ovvero: il tasso di riferimento, il tasso sui depositi e il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali. Il costo del denaro scende così al minimo storico dello 0,05 per cento dallo 0,15 per cento. E non solo.

Nella conferenza stampa di ieri, Draghi ha anche annunciato che in ottobre verrà lanciato un programma di acquisto di titoli Abs (asset backed securities), «titoli semplici e trasparenti».

Nessun acquisto di titoli di Stato: Draghi ha rivelato che alla riunione del Comitato esecutivo BCE, con i governatori degli Stati membri, quando si è anche parlato di QE, «alcuni governatori avrebbero voluto fare di più, altri meno». Tradotto: la Germania della Merkel si è messa di traverso. Non c’è la volontà tedesca di fare un’iniezione di liquidità in modo massiccio. Le borse sembrano contente: loro vivono della speranza di salvataggio da parte di Super Mario.

Intanto, a casa, vengono fuori dal sottobosco tutti i gattopardi, gli uomini di ieri, gli ultras del Pd che non vogliono accettare il cambiamento del Paese. Non facciamo nomi. Tranne quello di D’Alema, Fassina chi? e Bersani.

E ora comincia la Guerra dei Mille giorni. Ora vedremo quali riforme Renzi riuscirà a realizzare. Io credo che la prova del nove sarà nel Jobs Act. Se Renzi rimane fedele alla sua parola, comprese le cose che mi ha detto a novembre scorso quando sono andato a trovarlo a Palazzo Vecchio a Firenze, allora ci sarà un Jobs Act radicale. Vedremo.

Renzi ha dato alcuni indizi nella sua conferenza stampa di lunedì. Ha parlato del modello tedesco, che significa più flessibilità nel part-time, più incentivi per l’occupazione femminile, una riforma degli ammortizzatori sociali che potrebbe vedere la sostituzione della cassa integrazione in deroga con sussidi di disoccupazione uguali per tutti, e una riduzione delle tasse sul lavoro, principalmente l’Irpef nei confronti del lavoratore e l’Irap e l’Ires nei confronti dell’impresa. Vedremo quanto Renzi riuscirà a tagliare la spesa pubblica in modo da avere la copertura per la riforma del fisco e la riduzione del cuneo fiscale. E vedremo se riuscirà a creare una vera politica attiva per il lavoro, rimodellando i poveri centri di impiego inefficaci e trasformandoli in jobs center funzionanti, come ha fatto Schroeder in Germania.

Io spero che la riscrittura dello Statuto dei Lavoratori porti a modernizzare tale documento guida, con meno enfasi su un contratto per la vita (il contratto a tempo indeterminato) e più spazio alla protezione crescente – il modello di Pietro Ichino – in cui non si applicano diversi contributi nei primi due o tre anni e si considerano i primi 24 o 36 mesi come un periodo di prova. Per ogni anno lavorato, il lavoratore dovrebbe comunque avere titolo ad una liquidazione di un mese di stipendio, ma con dei contratti che danno più flessibilità nell’assunzione e non solo nel licenziamento.

Vedremo anche come andranno le altre riforme, passo dopo passo come dice Renzi. Vorrei che la riforma delle pensioni tagliasse alcune pensioni d’oro, anche se per il momento questa misura è stata scartata da Renzi. Nel mio piano, nella ricetta del mio libro Ammazziamo il Gattopardo, si taglierebbe circa il 15-20 per cento di alcune pensioni di anzianità e si taglierebbe il 15 per cento delle pensioni sopra i 3mila euro al mese, anche se questo può sembrare duro. La realtà è che circa il 25 per cento della spesa pensionistica di 260 miliardi all’anno non è coperta dal sistema contributivo, rimane un eredità del vecchio sistema retributivo, non coperto. Io vorrei che si tagliasse il 25 o 30 per cento delle pensioni sopra i 150mila euro all’anno, le pensioni di platino. È simbolico ma è importante, se vogliamo creare un senso di sacrificio collettivo.

La riforma della giustizia mi sembra una prima mossa positiva. La riforma della P.a. va implementata, va fatta veramente, attivata, senza nuovi veti dai sindacati. Vorrei vedere un’Italia in cui chi sbaglia paga.

E poi c’è il debito. Qualche piano credibile per l’abbattimento del debito ci deve essere. Nel mio libro suggerisco un modello che credo sia fattibile perché evita di svendere i gioielli dello Stato e ci dà lungo respiro. Bisogna evitare che le mosse della Bce, che potrebbero ridurre lo spread che paga l’Italia, non siano un alibi per non affrontare in modo frontale il fatto che 2.100 miliardi di debito è un livello troppo alto, e non sostenibile nel tempo.



Quindi, per riassumere, Draghi ha tirato fuori un mezzo bazooka. E le borse festeggiano. Anche se a mio avviso gli indici borsistici sono gonfiati, visto che siamo in piena recessione.

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