Un esecutivo M5s-Pd o un ritorno alle urne farebbero meno danni rispetto a un’alleanza tra la formazione di Di Maio e la Lega. Dalla mia rubrica su La Stampa, Lo Specchio.
26 aprile 2018 – Quale governo farebbe meglio all’economia del Belpaese? O forse, visto come siamo ridotti, senza una maggioranza in Parlamento, tra veti e insulti incrociati, il quesito andrebbe riformulato così: quale governo farebbe meno danni all’economia? Siamo costretti a porciquesta domanda a causa della situazione politica venuta fuori dal voto del 4 marzo: una frammentazione dell’elettorato scaturita da una pessima legge elettorale che ci ha riportato alle geometrie variabili della Prima Repubblica, ma con un nuovo cast di populisti del 21esimo secolo. E siamo quindi obbligati ad assistere a un siparietto poco edificante. Ora attendiamo la conclusione della missione di Fico; poi la telenovela riprenderà dopo il risultato del voto in Friuli Venezia Giulia, il 29 aprile, e dopo la direzione del Pd che verrà convocata la prossima settimana. Forse avremo un governo a maggio. O forse no. Non sorprende che il presidente della Repubblica rischi di perdere tutti capelli nel tentativo di trovare una soluzione che faccia finalmente calare il sipario su questo teatro dell’assurdo. Uno spettacolo di basso livello che negli ultimi giorni ha virato verso il trash, con una retorica dei “cessi” e del “vaffa” utilizzata dall’unico superstite della vecchia guardia ancora rimasto in campo (o forse a bordo campo).
Cerchiamo di capire che cosa potrebbe portare, in termini di politiche economiche, ciascuno dei seguenti scenari:
1. Governo M5S-Pd. Se alla vigilia tutti avrebbero scommesso sul fallimento della missione affidata al presidente della Camera Fico, nella serata di ieri i due partiti hanno iniziato a tentare quantomeno un dialogo su un eventuale programma. Ma alla fine, se i renziani dovessero confermarsi contrari a qualsiasi accordo con il M5S, potrebbero far saltare questa ipotesi semplicemente perché senza di loro un eventuale governo non avrebbe i numeri in parlamento. Senza considerare il fatto che, in entrambi i partiti, sono in tanti quelli che preferirebbero nettamente tornare alle urne piuttosto che tentare la strada di un esecutivo. Quanto all’economia, è difficile capire quali possano essere i punti in comune tra i populisti del M5S e i superstiti del Pd. Non c’è dubbio che, dal punto di vista dei mercati, la presenza del Pd in un governo a guida Di Maio sarebbe vista come rassicurante perché agirebbe come forza di moderazione sulle posizioni più estreme dei 5 Stelle.
2. Governo M5S-Lega. Nel caso di un esecutivo guidato dai vincitori del voto del 4 marzo, il Movimento Cinque Stelle e la Lega, quali potrebbero essere gli effetti sull’economia e sulla ripresa? Ricordiamo che questo scenario appare oggi lontanissimo, dopo la rottura con Salvini annunciata ufficialmente ieri da Di Maio. Ma in politica tutto è possibile, e quindi se veramente si ricucissero i rapporti tra i due, che cosa accadrebbe? A mio avviso, Di Maio e Salvini andrebbero d’accordo sull’immigrazione e cercherebbero di introdurre una misura simile al reddito di cittadinanza ma che costi meno rispetto ai 15 o 20 miliardi all’anno previsti nella proposta originale. Potrebbero fare dei ritocchi alla riforma Fornero, senza però abolirla come promesso da Salvini: degli aggiustamenti che comporterebbero una spesa minore rispetto ai 20 miliardi all’anno richiesti da un blocco totale dei meccanismi della legge. Il mio amico Francesco Daveri, direttore del programma Mba della Bocconi, è convinto che in un eventuale governo Cinque Stelle-Lega “le politiche economiche sarebbero diluite e meno dannose delle promesse elettorali, perché ciò che interessa davvero ai leader è di mostrare qualche progresso agli elettori e cantare subito vittoria”. Potrebbe essere così, ma a me continua a preoccupare la possibilità che Di Maio e Salvini si comportino da veri populisti, come Trump, e cerchino di trasformare in realtà le loro promesse stravaganti creando un buco nei conti pubblici, risvegliando così i mercati e riportando l’attenzione sul problema del debito pubblico. Un governo M5S-Lega potrebbe essere più mite del previsto, potrebbe preoccupare solo un po’, oppure potrebbe fare sul serio, introducendo la flat tax o intervenendo in modo radicale sulla legge Fornero. Quest’ultima ipotesi rappresenterebbe una bomba Molotov per i conti pubblici e per l’economia italiana.
3. Un ritorno alle urne. Considerata la veemenza con cui Di Maio ha bocciato qualsiasi ipotesi di un governo del Presidente, che si tratti di un governissimo o di un governicchio, se i Cinque Stelle non riuscisse a quagliare né col Pd né con la Lega, l’Italia potrebbe presto tornare alle urne. Il governo Gentiloni verrebbe così prorogato, ma per poco. Questo scenario sarebbe sicuramente migliore per l’economia e per la ripresa rispetto a un governo M5S-Lega.
In questa situazione ingarbugliata, le prospettive per una mano ferma al timone dell’economia sono poche. Esiste ancora il rischio concreto di un governo guidato da incompetenti o demagoghi che si sentiranno in dovere di realizzare qualcuna delle sciocchezze promesse in campagna elettorale. Con Gentiloni e Padoan, per lo meno, il Paese naviga in acque tranquille.
È un vero peccato che l’Italia si trovi senza un governo. E non perché l’economia peggiorerà improvvisamente in due minuti; qualche mese di tempo c’è. Il problema, e l’ironia, è che tutto questo accade in un momento in cui si iniziano a decidere le sorti dell’Europa, il futuro dopo la Brexit. Una partita giocata dalla Francia e dalla Germania, ma non dall’Italia.
Questa situazione è davvero triste, perché siamo costretti a ragionare non sulla migliore speranza per l’economia, ma su chi farebbe meno danni.
Come siamo ridotti male, in questa Terza Repubblica!