L'ICONOCLASTA

Basta con il vecchio sindacato che non rappresenta più i lavoratori (ma piuttosto i pensionati). Abbiamo sentito abbastanza della retorica gonfiata e del passato. La Camusso si sta arrampicando sugli specchi della storia. Cerca rilevanza. Non riesce a digerire che ci sia in atto un cambiamento epocale. Dobbiamo ripensare il mondo del lavoro.

6 maggio 2014 – Durante un’intervista che ho fatto lo scorso novembre a Carlo De Benedetti, a Milano, lui ha descritto l’economia italiana come «un piano inclinato ben insaponato».

Mi è venuta in mente quest’espressione quando ho visto Susanna Camusso again, urlando again, protestando again, cercando rilevanza per l’ennesima volta, come uno spettro, come un fantasma, come la pallida ombra di un’epoca in cui il pianeta era popolato dai vari Sergio Cofferati e Fausto Bertinotti.
Sì, la Camusso usa la retorica del passato e mostra la mentalità di un sindacalista di altri tempi, del secolo scorso, quando c’era tanta industria, e Mirafiori, e una Cgil importante.

Oggi la Cgil non è più rappresentativa dalla maggioranza dei lavoratori, e ben il sessanta percento dei tesserati della Cgil sono pensionati. Quindi non si tratta di una forza importante o rappresentativa della società ma di una forza in declino.

E vogliamo dire tutto? La concertazione del passato ha quasi sempre prodotto un risultato diluito e poco efficace, dando un po’ alla Confindustria e un po’ ai sindacati. Se vogliamo fare le riforme di vasta portata, cambiando il mercato del lavoro, creando più flessibilità ma anche più protezione per chi non ha un contratto a tempo indeterminato, allora dobbiamo ripensare tutto. La vecchia Cgil di oggi non ha il peso di una volta. La Cgil non si è riformata e quindi non può immaginare le riforme vere.

Guai se la Camusso fosse in grado di bloccare un Jobs Act serio, una legge che vada ben oltre questi primi ritocchi all’apprendistato e tempo determinato. La riforma del mercato del lavoro deve tagliare il costo del lavoro tre volte di più dei tagli dell’Irpef e dell’Irap che abbiamo visto per il 2014. Bisogna stabilire un modo di offrire la detassazione di nuove assunzioni, almeno per tre anni, rendendo il periodo di prova più lungo. Ci devono essere nuovi Job Centers e politiche attive che prenderanno il posto dei vecchi centri per l’impiego che non funzionano. Ci vogliono sgravi fiscali per premiare l’occupazione femminile, bisogna triplicare il numero di asili nido, togliendo gli sprechi delle Regioni e rispettando le esigenze del mercato del lavoro.

La Camusso non apprezzerebbe, ma bisogna abolire la cassa integrazione in deroga e sostituirla con assistenza sociale dove indicato e sussidi di disoccupazione in altri casi. Bisogna rimodellare l’assistenza sociale, e creare un minimo vitale per quel milione di famiglie sotto la soglia di povertà. E certamente bisogna garantire sussidi di disoccupazione uguali e uniformi per tutti, eliminandone la disparità.

Il mercato del lavoro in Italia oggi costa troppo, è troppo rigido. Ciò spiega perché l’Italia soffre di un livello di produttività più bassa della Germania e di altri paesi, e soprattutto le regole del mercato del lavoro sono vecchie e vanno aggiornate, modernizzate, per conformarle alla realtà del 21esimo secolo. E tutto questo processo impegna anni, non mesi di tempo.

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