L'ICONOCLASTA

Benvenuti nel governo degli insider di Goldman Sachs

I banchieri di Trump. Wall Street festeggia e va verso un’altra crisi. Il mio editoriale per il Corriere della Sera, un adattamento tratto dal mio nuovo libro «Questa non è l’America» (Newton Compton Editori).

21 febbraio 2017 – Steven Mnuchin, il nuovo Segretario al Tesoro, è un banchiere controverso. Per diciassette anni è stato a Goldman Sachs, arrivando a diventare managing partner. È la seconda generazione di Mnuchin a lavorare nella potente banca di Wall Street: suo padre è stato lì per trentacinque anni.

Steve Bannon, nuovo Capo della Strategia alla Casa Bianca, si è fatto le ossa con Goldman Sachs nei ruggenti anni Ottanta come banchiere specializzato in fusioni e acquisizioni: ha avuto modo di imparare sul campo che l’avidità è una virtù, all’apice del potere predatorio di Wall Street e del boom delle obbligazioni spazzatura.

Gary Cohn, nuovo presidente del Consiglio economico nazionale della Casa Bianca, era fino a dicembre scorso il presidente di Goldman Sachs.

Jay Clayton, il nuovo capo della Commissione statunitense per i Titoli e gli Scambi, l’uomo a cui è stato affidato il compito di regolamentare Goldman Sachs e il resto di Wall Street, è un avvocato che ha servito fedelmente la stessa Goldman Sachs per una serie di accordi multi miliardari come partner della Sullivan & Cromwell, lo studio di riferimento per la Goldman da più di un secolo.

Dina Powell, consigliera per le iniziative economiche del presidente Trump e consigliera di fiducia di sua figlia Ivanka e del marito Jared Kushner, era una socia di Goldman Sachs e capo della Fondazione Goldman Sachs.

No, non è un complotto. Questa è la realtà. Benvenuti nel governo degli insider di Goldman Sachs, altrimenti conosciuto come amministrazione Trump. Questi cinque figli della grande banca spiccano tra la folla di plutocrati, finanzieri senza scrupoli e conservatori del Tea Party di cui Trump ha riempito il suo Gabinetto.

Ognuno di loro è fermamente convinto della necessità di tagliare le tasse sulle imprese e di rompere il più possibile i lacci che frenano Wall Street; ognuno di loro crede fermamente che si debbano scatenare gli “istinti animali” del mercato.

Questi ex banchieri di Goldman Sachs, ora tra i principali consiglieri economici di Trump, perseguono l’obiettivo di smantellare la Dodd-Frank – voluta da Barack Obama a seguito della Grande Recessione – e le altre leggi e regolamentazioni che dovrebbero proteggere gli americani da un’altra crisi finanziaria.

Diversi commentatori stanno già mettendo in guardia dal rischio che un prolungato periodo di deregulation potrebbe portare a un’altra bolla finanziaria e al ritorno di quelle pratiche pericolose che hanno portato al collasso di Lehman Brothers nel 2008.

Tra questi c’è Edwin “Ted” Truman, ex capo della divisione internazionale della Federal Reserve ai tempi di Alan Greenspan. Truman di crisi globali ne ha viste parecchie. Ha passato ventidue anni alla Federal Reserve, e all’inizio del 1998 lavorava per Greenspan. Lo rammenta come un astuto animale politico, solidamente pro business e anti regolamentazione. Un uomo che sapeva ottenere con scaltrezza quello che voleva.

«Credeva che il mercato dovesse regolarsi da solo», ricorda Truman. «Non aveva fiducia nella regolamentazione, non pensava che potesse dare buoni risultati. Tendeva a non interferire. E l’allora Segretario del Tesoro, Bob Rubin, era completamente d’accordo con Greenspan».

Ted Truman ricorda anche che cosa accadde nel 1998 quando Brooksley Born, una funzionaria dell’amministrazione del Presidente Bill Clinton disse a chiare lettere che c’era bisogno di regolamentare il pericoloso mercato dei derivati.

«Il Tesoro e la Federal Reserve non la vedevano di buon occhio. Voleva svolgere un ruolo di primo piano nella regolamentazione dei derivati, perché era seriamente preoccupata», ricorda Truman. «Ma Rubin e Greenspan sostanzialmente le dissero: “Be’, lascia stare i derivati. In realtà non sono affari tuoi. Non sai di che parli”. Sì, ci sono andati giù pesante».

Alla fine la signora Born fu costretta alle dimissioni e Greenspan e Rubin, con l’appoggio di Bill Clinton e la collaborazione del Congresso, hanno approvato una legge che proibiva esplicitamente di regolare il mercato dei derivati, permettendo un trading assolutamente non regolamentato di molti tipi di swap e di derivati correlati al mercato immobiliare. Con il passare del tempo questa legge ha portato all’indebitamento eccessivo di molti istituti finanziari. E questo a sua volta ha contribuito al fallimento della Lehman Brothers nel 2008 e alla crisi finanziaria più profonda dalla Grande Depressione degli anni Trenta.

Ted Truman crede che quello che ha in mente l’amministrazione Trump potrebbe creare le condizioni per una nuova crisi finanziaria. «Direi che quella che si sta preparando è una controrivoluzione, con lo smantellamento della Dodd-Frank e la probabile cancellazione di molte restrizioni per Wall Street. Così si invertirà il modello in vigore sin dalla crisi globale del 2008. Fin dove si spingeranno? Quanto oscillerà il pendolo? Probabilmente verranno create le basi per un altro ciclo di forte espansione e repentina contrazione», dice Truman.

La domanda chiave per lui non è tanto se ci sarà un altro ciclo ma quando. «Magari stavolta passerà un decennio prima che il bubbone esploda». Poi sottolinea che la deregulation promessa dall’amministrazione Trump segna un ritorno alla filosofia Greenspan, ovvero, il mercato che si regola da solo. Anche se dopo la crisi del 2008 lo stesso Alan Greenspan ha ammesso di aver avuto torto.

«La gente dimentica le lezioni del passato», è l’asciutto commento di Truman.

Le lezioni del passato sono più che chiare, ma l’amministrazione Trump vuole tagliare le tasse sulle imprese e procedere con la deregulation: Wall Street può folleggiare di nuovo come se fossimo ancora nel 1999. Donald Trump e la sua squadra di Goldman Sachs di certo non terranno fede alla promessa fatta in campagna elettorale di «prosciugare la palude» in cui sguazzano i lobbisti di Wall Street. La squadra della Goldman ha nelle sue mani le chiavi del governo. Alcuni di loro sono perfino persone altamente competenti ma tutti si oppongono con fermezza alla regolamentazione, e non ce n’è uno che non sia determinato a smantellare l’eredità degli anni di Obama. Adesso si sono lanciati anima e corpo nella missione di svuotare le leggi che dovevano proteggere i risparmiatori americani da un’altra crisi finanziaria, con l’entusiastica collaborazione dei repubblicani del Campidoglio.

Date le circostanze, non c’è davvero bisogno della sfera di cristallo per capire che a un prolungato periodo di deregulation seguirà un’altra bolla finanziaria, in modo virtualmente inevitabile. È solo questione di tempo.

Coloro che non imparano dalla storia solitamente sono condannati a ripeterla.

(Adattamento tratto dal capitolo 10, «Goldman Sachs Forever», del nuovo libro di Alan Friedman, «Questa non è l’America»).

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