L'ICONOCLASTA

Brexit – Cameron esclude nuovo referendum. Tories a pezzi, Labour contesta la guida di Corbyn, sterlina in caduta libera. Vertice di crisi tra Merkel, Hollande e Renzi. Spagna ancora senza maggioranza

27 giugno 2016 – Non si placa il caos nel Vecchio continente dopo che i cittadini del Regno Unito, attraverso un referendum consultivo, hanno espresso la loro volontà di abbandonare l’Unione europea. Sterlina ancora in caduta libera: scivola oggi ad un nuovo minimo da oltre due anni contro l’euro e da circa 30 anni contro il dollaro. Mercati europei ancora in difficoltà (Piazza Affari la peggiore), Wall Street apre in rosso.

Dopo le dimissioni annunciate dal premier britannico, il conservatore David Cameron, che a differenza di altri membri influenti del suo partito aveva fatto campagna per restare all’interno dell’Ue, i Tories stanno consumando in queste ore una battaglia per la nuova leadership.

Secondo il Sun, i Conservatori avrebbero deciso di chiudere giovedì le candidature alla successione di Cameron e sperano di avere un nuovo leader entro l’inizio di settembre. Il primo ministro uscente ha già fatto sapere che non avvierà le pratiche per l’uscita del Regno Unito dall’Ue: il compito spetterà al nuovo primo ministro.

Cameron ha ribadito questa sua intenzione in un intervento lunedì pomeriggio in Parlamento. Il premier dimissionario, rispondendo a una domanda dell’ex leader lib-dem Nick Clegg, ha chiarito che spetterà al suo successore anche la decisione circa eventuali elezioni anticipate. E su un nuovo, eventuale referendum, paventato da alcuni in queste ore concitate, Cameron ha risposto che bisogna implementare quello che si è tenuto lo scorso giovedì: “Il risultato del referendum va accettato. Abbiamo la responsabilità di tenere il paese unito”. Poi ha avvisato: “L’uscita dall’Unione europea sarà tutto tranne che una passeggiata per l’economia britannica”.

Il cancelliere dello Scacchiere britannico George Osborne ha parlato per la prima volta in pubblico stamattina dopo l’esito del referendum del 23 giugno, e ha voluto rassicurare i britannici: «La Gran Bretagna è pronta a confrontarsi con tutto quello che il futuro ha in serbo per noi partendo da una posizione di forza». «Una posizione guadagnata duramente e, qualunque siano le indubbie sfide davanti, io e i miei colleghi siamo determinati a fare il meglio per la Gran Bretagna»

Caos anche nell’opposizione laburista: si sono dimessi in queste ore gran parte dei ministri del governo ombra di Jeremy Corbyn, accusato dai compagni di partito di non essere stato abbastanza incisivo nel perorare la causa del Remain durante la campagna referendaria.

E segnali di forte malcontento arrivano da Edimburgo. Dopo aver annunciato, attraverso la premier Nicola Sturgeon, di stare considerando un secondo referendum sulla secessione della Scozia dal Regno Unito (il primo, che ha mantenuto lo status quo, è stato nel 2014), ora minaccia di ostacolare in ogni modo la promulgazione da parte del parlamento britannico di una legge che convalidi il referendum. In Scozia, così come nell’Irlanda del Nord, altro fronte che promette di surriscaldarsi, i cittadini si erano espressi in maggioranza per la permanenza del Regno Unito nell’Ue.

In fibrillazione anche le cancellerie europee: in serata è previsto un vertice di crisi tra la tedesca Angela Merkel, il presidente francese François Hollande e, in un inusuale – ma indicativo dei nuovi potenziali equilibri europei – “direttorio” a tre, il premier italiano Matteo Renzi, assistiti dal presidente del consiglio europeo, Donald Tusk. Da questo incontro dovrebbe venire fuori la linea che l’Ue adotterà nei confronti del Regno Unito.

Gli europei vorrebbero iniziare le pratiche quanto prima, in modo da evitare il prolungarsi di un dannoso periodo di incertezza. “Abbiamo temperamenti differenti, tutti conosciamo bene il modo in cui i tedeschi cercano di ragionare seriamente, e hanno ragione”, ha dichiarato a France 2 il ministro delle Finanze francese Michel Sapin. Ma “non c’è alcuna differenza tra Francia e Germania sulla domanda d’attualità: la Gran Bretagna deve andare in fretta? Sì. Londra ha votato, ha votato per il Brexit, il Brexit si deve mettere in atto fin da adesso”. Anche Renzi spinge sull’acceleratore: “La partita è finita, ora si volta pagina. Grande rispetto per la democrazia inglese, ma adesso è arrivato il momento di preoccuparci del rilancio dell’Europa, non possiamo stare un altro anno a discutere dell’uscita della Gran Bretagna dalla Ue”, ha sostenuto in un intervento al Tg1.

I britannici annunciano invece di non avere alcuna fretta: così ha dichiarato, tra gli altri, l’ex sindaco di Londra Boris Johnson, paladino conservatore del fronte del Leave, in un’intervista al Telegraph.

Le istituzioni europee non hanno tuttavia nessuno strumento per forzare l’inizio delle pratiche per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea: la prima mossa spetta ai britannici, che devono notificare formalmente l’avvio delle procedure previste dall’articolo 50 del trattato di Lisbona. E a dare l’avvio sarà il successore di David Cameron.

Intanto, la Spagna non esce dall’impasse e resta ancora senza una maggioranza certa. Vincono i conservatori di Mariano Rajoy ma senza conquistare una maggioranza assoluta, e il governo resta un’incognita. Secondo partito i socialisti di Pedro Sanchez, terzo e molto al di sotto delle aspettative Podemos di Pablo Iglesias, che rispetto alle scorse elezioni di novembre perde quasi un milione di voti.

Photo Credits: Afp

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