L'ICONOCLASTA

Dopo i risultati in Spagna e Polonia, l’Europa si lecca le ferite. Intanto continua il Varoufakis Show: «Il 5 giugno pagheremo la rata del Fmi, l’accordo ci sarà»

26 maggio 2015 – Come se non fosse già abbastanza problematica la crisi del debito greco, l’infinita partita di poker che si sta giocando da mesi tra il Team Tsipras e la Troika, a rappresentare nuove minacce per la coesione dell’Unione Europea ci sono i risultati di due voti.

Il trionfo di Podemos alle elezioni amministrative spagnole di domenica scorsa è un chiaro segnale inviato a Bruxelles: siamo stufi delle politiche di austerity, abbiamo dato abbastanza. Un terremoto politico che ha distrutto il tradizionale bipartitismo iberico: per la prima volta nella storia del paese i voti di Pp e Psoe insieme rappresentano solo metà dell’elettorato, entrambi restano spiazzati dall’affermazione dei due movimenti del “nuovo”, Podemos e Ciudadanos. Fallita la strategia dei Popolari di Mariano Rajoy, che puntavano proprio sulla ripresa economica ottenuta grazie alle politiche lacrime e sangue imposte dall’Europa.

In Polonia, il nuovo presidente della Repubblica è l’euroscettico, nazionalista e ultraconservatore Andrzej Duda, che ha battuto il capo dello Stato uscente, il liberale centrista Bronislaw Komorowski. Una grana non da poco per Bruxelles, che ha sempre visto nell’ex paese del blocco orientale l’incarnazione del funzionamento di quelle politiche comunitarie che l’hanno portato a diventare la sesta economia dell’Unione. Komorowski, ha spiegato l’ex premier Romano Prodi in un’intervista al Corriere della Sera, è l’esponente di «una linea portatrice di tensioni, perché fortemente antieuropea. Antitedesca. E antirussa».

Intanto, dopo le minacce di default arrivate in questi giorni da Atene, Varoufakis torna a fare la voce grossa: «È evidente che la richiesta di ancora più austerity da parte dei nostri creditori non è motivata dall’interesse per autentiche riforme o dal desiderio di indirizzare la Grecia lungo un percorso finanziario sostenibile», ha dichiarato al Sole24Ore il ministro delle Finanze greco, precisando di non sapere «quale sia la loro reale motivazione».

La Grecia, dice ora Varoufakis, pagherà la rate del Fmi il 5 giugno perché si raggiungerà un accordo con i creditori entro quella data. Implicito, in questa nuova previsione, è che l’accordo conterrà uno stanziamento di denaro fresco per Atene. Varoufakis, se posso dirlo in inglese, è davvero a funny guy.

Il premier Matteo Renzi ha commentato i risultati elettorali in Europa così: «Il vento della Grecia, il vento della Spagna, il vento della Polonia non soffiano nella stessa direzione, soffiano in direzione opposta, ma tutti questi venti dicono che l’Europa deve cambiare e io spero che l’Italia potrà portare forte la voce per il cambiamento dell’Europa nelle prossime settimane e nei prossimi mesi».

E poi, se le sfide che arrivano da Grecia, Spagna e Polonia non bastassero ancora, non bisogna scordare il trionfo di David Cameron in UK. Una vittoria che entro il 2017 porterà i cittadini britannici alle urne per decidere se vogliono continuare a essere parte dell’Unione Europea. O se vogliono uscirne. Un’altra spada di Damocle sulla testa di Bruxelles.

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