10 gennaio 2014 – È da qualche tempo che sto dicendo che una ripresa debole non ci porterà facilmente fuori dalla crisi e che il vero rischio per l’Italia è un periodo prolungato di stagnazione in cui la disoccupazione non scende.
Ho cercato di dire più volte che l’idea di una ripresa «a portata di mano» che potrebbe creare posti di lavoro nel breve termine è una chimera. E sì, ho criticato le dichiarazioni dei politici che cercano di promettere che il 2014 sarà un anno di grande svolta per l’economia perché so che la debolezza della ripresa è tale che la maggiore parte degli italiani non sentirà un miglioramento nelle loro tasche.
Ieri il presidente della Banca centrale europea ha parlato senza equivoci.
«È prematuro — ha detto Mario Draghi — dichiarare vittoria contro la crisi. La ripresa c’è ma è debole, modesta e fragile. Ci sono diversi rischi di carattere finanziario, economico, geopolitico e politico che possono minarla».
La verità è che Draghi stava prendendo le distanze da svariati politici europei, compreso il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, che mercoledì ha salutato la fine della crisi nel 2014 e ha cercato di essere ottimista.
Draghi invece ha detto che i tassi di interesse della Banca centrale rimarranno bassi per la debolezza della ripresa e che rimane pronto anche a considerare misure straordinarie, se necessario. E ha notato che l’inflazione rimarrà bassa, anche se ha contestato l’idea che stiamo cadendo in una trappola di deflazione che potrebbe causare un “decennio perso” come già accaduto in Giappone.
Nel 2014 e nel 2015, ha detto Draghi, l’economia dell’area euro dovrebbe riprendersi «a un ritmo lento».
«I rischi per l’economia della zona euro», ha detto Draghi, «sono al ribasso».
Draghi ha fatto un’analisi chiara. Ha promesso di fare tutto il necessario per sostenere la ripresa e la liquidità nel sistema finanziario. Ma è stato onesto, ha avvertito che non siamo affatto fuori del bosco.
Questo è il contesto europeo, in cui l’Italia rimane uno dei worst performers. Questo è il motivo per cui continuo a insistere che ci vorrà un piano di riforme di vasta portata e non la politica di piccoli passi finora seguita dal governo attuale.
Il fatto che si cominci a discutere la riforma del mercato del lavoro attraverso il Job Act è positivo. Alcuni elementi del Job Act vanno nella direzione giusta. Ma se vogliamo portare il Belpaese fuori dalla crisi e arrivare a una crescita che ci aiuti davvero, ci vorrà molto di più in termini di nuove iniziative.