L'ICONOCLASTA

Il doppio tradimento di Donald

Quello di venerdì in Alaska sarà un vertice storico ma per i motivi sbagliati: Trump potrebbe tradire sia l’Ucraina sia gli interessi europei

Il mio articolo su La Stampa

Venerdì Donald Trump e Vladimir Putin si incontreranno in Alaska in quello che potrebbe essere ricordato come un vertice storico, ma per i motivi sbagliati. Ciò dipende dal fatto che vi è una ragionevole probabilità che Trump possa tradire sia l’Ucraina sia gli interessi dell’Europa per la sicurezza.

Il vertice è ovviamente finalizzato a trovare il modo di concludere la guerra in Ucraina o quanto meno pattuire un cessate il fuoco, a più di tre anni dall’invasione di Putin e in seguito al mancato raggiungimento di un risultato qualsiasi da parte di Trump negli ultimi sette mesi. Il presidente Putin ha “suonato” con successo il presidente Trump come uno Stradivari o, se preferite un’altra metafora, gli ha messo l’anello al naso come a un asino.

L’apparente devozione di Trump per il dittatore russo facilita enormemente il compito di quest’ultimo. Ogni volta che perde la pazienza con Putin, Trump regala al Cremlino altre due settimane di tempo, altri 50 giorni, un’altra proroga. A quel punto, Putin formula una vaga promessa e ricomincia a bombardare Kiev.

Al recente summit del G7, Washington ha impedito che fosse condannata l’aggressione russa in Ucraina. Alle Nazioni Unite, gli Stati Uniti hanno votato in linea con la Russia e contro l’Ucraina.

Nonostante tutte le sue minacce e le sue scadenze, Trump si è rifiutato di applicare vere sanzioni alla Russia, a eccezione di dazi secondari all’India che, per il momento, sono ignorati sia dalla prima sia dalla seconda. Sembra che Trump non ce la faccia proprio a prendersela con Putin. Ci sarebbe da chiedersi perché.

Negli ultimi giorni, Trump ha ricominciato ad accusare Volodymyr Zelensky, imputandogli di nuovo l’invasione dell’Ucraina, promettendo di «cambiare e scambiare territori» con Putin in Ucraina. Sta anche affermando che ormai la Russia ha il controllo di «tutta la costa ucraina del Mar Nero a eccezione di Odessa». Da questo punto di vista, Trump si è fatto una sua opinione: l’Ucraina dovrà cedere parte del suo territorio a Putin perché «i russi hanno combattuto per quella terra e quindi se la sono guadagnata».

Quando si hanno amici come Trump, a che cosa servono i nemici?

L’Unione europea ha rammentato a Washington in modo dimesso che non è carino invadere gli altri Paesi, ucciderne e stuprarne la popolazione civile, occuparne e prenderne le terre. L’Europa, però, non è stata invitata al tavolo dei negoziati, e non vi è stata invitata neanche l’Ucraina, oggetto dei negoziati.

In prospettiva, tutto ciò fa sembrare il vertice in Alaska più simile a un accordo di capitolazione con il quale Putin sarà ricompensato per la sua aggressione. Speriamo che non vada a finire così.

Se Trump sarà debole con Putin e se cercherà di imporre il suo accordo all’Europa e agli ucraini, allora l’incontro al vertice in Alaska potrebbe iniziare ad assomigliare a quello del Primo ministro britannico Neville Chamberlain con Hitler a Monaco nel settembre 1938.

In quel summit, Chamberlain accettò che Hitler prendesse possesso di parte della Cecoslovacchia senza che il governo cecoslovacco fosse consultato. Quel meeting è conosciuto per antonomasia con il nome di “appeasement”. E sappiamo tutti come andarono le cose dopo Monaco.

Il meeting in Alaska, tuttavia, potrebbe assomigliare anche alla Conferenza di Yalta del febbraio 1945, quando Franklin Delano Roosevelt, seduto accanto a Churchill, regalò a Stalin tutta l’Europa orientale. Si supponeva che una grande potenza potesse procedere alla spartizione dell’Europa in sfere di influenza.

Invece, FDR e Churchill accettarono di riconoscere l’“influenza” sovietica in Europa orientale (specialmente in Polonia) in cambio di vaghe promesse di libere elezioni (che in seguito l’Urss ignorò). La Conferenza di Yalta permise all’Urss di installare “governi amici” nei territori liberati dal controllo nazista. In verità, buona parte dell’Europa orientale finì così sotto il dominio sovietico, che più tardi si compattò nel Blocco orientale durante la Guerra fredda.

A Trump piace stringere “patti” con gli altri leader internazionali. Adora che i giornali gli sbrodolino titoloni in prima pagina. Inspiegabilmente, crede sul serio di meritare il Nobel per la Pace. Da narcisista e bullo qual è, si identifica con Vladimir Putin e invidia il modo di quest’ultimo di poter prendere decisioni senza preoccuparsi di consultare il parlamento russo o i tribunali o i media. Trump ha fatto notare ripetutamente ai suoi consiglieri che vorrebbe essere “ascoltato” dal popolo americano come il popolo nordcoreano “ascolta” il dittatore Kim Jong Un.

C’è un elemento ulteriore di cui tener conto mentre ci prepariamo al summit in Alaska: Trump disprezza Zelensky. Lo odia. Lo accusa di essere responsabile del suo primo impeachment nel 2019, quando fu incolpato di aver cercato di ricattare Zelensky e di estorcere da lui la promessa di scavare e scovare “fango politico” da gettare su Joe Biden. Niente fango, disse Trump, niente missili americani all’Ucraina per difendersi. Tutto questo è accaduto anni prima dell’invasione del febbraio 2022.

Insomma, Trump potrebbe essere aperto all’idea di accordi di pace di Putin che richiedano, o inneschino, nuove elezioni e un cambio di regime in Ucraina. Se esistesse un modo per i due presidenti di potersi liberare a un certo punto di Zelensky, ne sarebbero entrambi molto felici.

Trump, per altro, si è lasciata aperta una via di fuga, nel caso in cui non facesse passi avanti in Alaska. Minaccia di «lasciar perdere e andarsene», lasciando che siano solo gli europei a difendere l’Ucraina, o forse no. Una cosa è chiara fin d’ora: le uniche armi statunitensi che l’Ucraina potrà ricevere saranno quelle acquistate e pagate dai Paesi membri dell’Unione europea.

Se dall’Alaska arrivasse un serio accordo di pace sarebbe una vera sorpresa. Mi piacerebbe essere smentito quando affermo che il summit in Alaska, però, potrebbe essere come Monaco nel 1938 e potrebbe essere addirittura l’inizio della versione del Ventunesimo secolo della Conferenza di Yalta, dove gli interessi della sicurezza della Nato e dell’Europa sono liquidati da un presidente americano allineato psicologicamente più con Mosca che con Bruxelles o con Kiev. A rischio di ripetermi, spero davvero di essere smentito.

Un’ultima cosa, anzi due: a Trump serve una vittoria e il vertice in Alaska è molto più importante per lui che per Putin. Ma il presidente russo questo lo sa: Putin saprà fare tesoro di ciò, sfrutterà l’occasione e “userà” il presidente americano a suo piacimento. Per Trump, non dimentichiamolo, è fondamentale infatti riuscire a distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica e della sua base dal caso Epstein. E da tutto quello che ne potrebbe derivare.

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