L'ICONOCLASTA

Letta suona la campanella e apre Wall Street, ma da Bruxelles suona ancora il campanello d’allarme per l’economia italiana

25 settembre 2013 – La produttività crolla. Il Fondo monetario internazionale prevede per l’Italia un rapporto deficit/Pil al 3,2%. Ma la fiducia dei consumatori sale. E lo spread è basso. Ombre e luci.

Diciamo che il bicchiere è mezzo vuoto. Diciamo che le ombre sono ancora più numerose delle luci. Ieri ho scritto che non siamo ancora fuori del bosco.

Usando qualsiasi metafora il messaggio dei dati rimane lo stesso: ci sono flebili segnali di ripresa, di ripresina, ma non siamo ancora alla svolta. Non si crea occupazione con questa ripresina. E non si crea occupazione velocemente con la riforma del cuneo fiscale, cosa assolutamente necessaria. Ci vuole del tempo. Molto tempo. Ma prima ci vuole soprattutto un intervento preciso sui conti pubblici.

Che la fiducia dei consumatori sia tornata ai livelli del luglio 2011 è un fatto positivo. L’unica cosa che potrebbe farla ricalare sarebbe un bell’aumento dell’IVA. È positivo il fatto che Enrico Letta prometta da New York di tornare a Roma e bloccare l’aumento dell’IVA questo venerdì al CdM. Speriamo però che vada a cercare la copertura in un taglio della spesa pubblica, che sarebbe giusto, e non con un ricorso ad altre tasse sulla benzina o attraverso la Service Tax.

E ricordiamo che il Fondo Monetario Internazionale prevede che l’economia italiana subirà una contrazione dell’1,8% nel 2013, e che il Pil potrebbe crescere soltanto dello 0,7% nel 2014, e cioè meno della previsione dell’1% da parte del governo Letta-Alfano.

Poi c’è la Commissione europea, che oggi striglia l’Italia, sottolineando che il nostro Paese sta subendo «una reale deindustrializzazione» in cui la nostra produttività è crollata e ci sono scarsi livelli di innovazione. Parole forti. Giuste o ingiuste?

Bruxelles chiede, come risposta a questa crisi di competitività, che il governo Letta-Alfano porti avanti «una riforma del cuneo fiscale sul lavoro», misura promessa da Letta da qualche settimana e che aspettiamo a giorni. La domanda poi sarà se l’azione sul cuneo fiscale sarà di portata o cosmetica.

Intanto, a New York, Enrico Letta sta facendo del suo meglio per promuovere l’Italia. Nei suoi incontri con investitori, analisti e banchieri, e con i capi di Bloomberg e The New York Times, ha promesso di fare le privatizzazioni, di tagliare la spesa pubblica, e di affrontare la questione del cuneo fiscale. Poi aggiunge che l’Italia rispetterà il 3% nel rapporto deficit/Pil, cosa che si vedrà dopo il CdM di venerdì.

Stamane Letta ha suonato la campanella di avvio degli scambi a Wall Street. Ha detto che l’Italia è un Paese «virtuoso, giovane e credibile», e che il debito è sotto controllo.

Letta ha anche sorpreso da New York, quando è tornato a parlare dell’IMU. Ha sposato in modo particolare la cancellazione dell’Imu sulla prima casa. In un’intervista con Bloomberg ha informato gli americani: «La riforma che abbiamo fatto non è una concessione a Berlusconi. Sta nel mio programma di governo e sono convinto che di questa riforma ne abbiamo bisogno».

Io spero davvero che questo venerdì il CdM bloccherà l’aumento dell’IVA – il 21% è già un livello troppo elevato – e taglierà un po’ di spese dal ministero della Difesa o altrove per trovare la copertura resa necessaria dall’abolizione dell’IMU sulla prima casa. E spero soprattutto che si riduca la spesa pubblica per abbattere il costo del lavoro in modo incisivo.

Comunque, anche quando questi pezzi del puzzle andranno al loro posto, tutto ciò non sarà sufficiente a riportarci verso una vera crescita seria o verso la creazione di nuovi posti di lavoro nel breve periodo.

Anche quando avremo archiviato lo psicodramma dell’Iva e dell’Imu, saremo sempre lontani da un netto miglioramento dell’economia italiana. Per ottenere questo ci vuole ben altro.

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