È il vero ostacolo a una pausa umanitaria e non ascolta i consigli degli Stati Uniti
Alla ricerca di una “pausa” umanitaria per consentire l’ingresso nella Striscia di Gaza degli aiuti tanto disperatamente necessari, Antony Blinken sta facendo del suo meglio. Il Segretario di Stato americano, però, è azzoppato da un grave handicap: agisce con una mano legata dietro la schiena. Proprio come il suo capo Joe Biden, infatti, Blinken è affetto dal “problema Netanyahu”.
Intendiamoci: Blinken è un diplomatico di talento, è raffinato e intelligente. È impegnato in un tour de force che venerdì lo ha portato in Israele per incontrare il Primo ministro Benjamin Netanyahu e il presidente Isaac Herzog, per poi proseguire sabato in Giordania dove ha partecipato in riunioni con il re Abdullah e vari ministri di Qatar, Egitto, Libano, Giordania e Arabia Saudita. Oggi si trova in Turchia per colloqui con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
Blinken ha consegnato a Netanyahu un forte messaggio da parte di Joe Biden: ha chiesto che vengano fissate varie “pause” nelle operazioni militari e ha affermato che Israele deve fare molto di più per limitare i danni collaterali ai civili innocenti. Blinken ha parlato anche della necessità di una soluzione dei Due Stati e ha messo in guardia Israele che rischia di perdere ogni speranza di un accordo di pace con i palestinesi se non attenua la crisi umanitaria a Gaza,
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Purtroppo, pochi minuti dopo la fine del loro incontro, Netanyahu ha apertamente snobbato Blinken, affermando che «Israele rifiuta una tregua che non preveda la restituzione degli ostaggi». In verità, anche le famiglie stesse dei rapiti si oppongono a un cessate-il-fuoco.
Insomma, in Israele Blinken ha vissuto una giornataccia. Venerdì pomeriggio gli ha riservato una notizia un po’ più incoraggiante: il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, in un discorso molto atteso, ha sostenuto che lui e i suoi sostenitori a Teheran non sono veramente interessati ad ampliare il conflitto nella regione. Nasrallah si è preso la briga di sottolineare di non essere stato messo al corrente in anticipo da Hamas del massacro del 7 ottobre. Ha sottolineato che l’attacco è stato «al cento per cento palestinese» precisando che Hezbollah, altre fazioni palestinesi e il loro comune mecenate iraniano erano stati tenuti all’oscuro di tutto.
Questo sembra dimostrare che avere una consistente presenza della Marina statunitense al largo delle coste del Libano per ora è sufficiente a impedire all’Iran di scatenare Hezbollah. Bene.
Nasrallah ha chiesto anche un immediato cessate-il-fuoco a Gaza, esattamente come hanno fatto tutti i leader arabi con Blinken ieri ad Amman. Durante i suoi colloqui in Giordania, Blinken ha parlato di come contenere la guerra, e ha cercato di coinvolgere i leader arabi sauditi ed egiziani in una discussione approfondita su quale tipo di governo dovrebbe essere costituito a Gaza al termine della guerra. Ma la loro rabbia è stata evidente.
Quando ha incontrato in separata sede il Primo ministro nonché ministro degli Esteri del Qatar, Blinken di fatto ha comunicato dietro le quinte con Hamas stessa, per così dire, perché il Qatar ospita il leader politico dei terroristi, Ismail Haniyeh. Gli intermediari americani e qatarioti starebbero dunque lavorando al problema degli ostaggi, mentre Netanyahu prosegue la sua campagna militare.
Nel loro incontro odierno, Blinken ed Erdogan potrebbero trovare un accordo sulla necessità della soluzione dei Due Stati per Israele e Palestina, ma in merito ad Hamas hanno due visioni completamente opposte. Erdogan è da tempo un sostenitore e respinge l’idea che si tratti di un’organizzazione terroristica. Sabato ha annunciato che ha tagliato tutti i suoi rapporti con Netanyahu, e ha richiamato l’ambasciatore turco in Israele. In ogni caso, Erdogan aspira a fare da mediatore. Certo. Proprio come ha fatto nel caso dell’invasione russa dell’Ucraina. Blinken farà bene a stare molto attento.
Negli ultimi giorni, Blinken è riuscito quindi a fare buon viso a cattivo gioco, ma è sempre più evidente che l’ostacolo a un cessate-il-fuoco umanitario si chiama Benjamin Netanyahu.
A Blinken e a Biden non è mai piaciuto davvero Netanyahu, uomo di destra estrema che ha un rapporto molto più caloroso con il suo amico Donald Trump. Quando Netanyahu non guiderà più Israele, probabilmente Biden potrà tirare un sospiro di sollievo. La maggior parte degli israeliani si aspetta che Netanyahu sia cacciato a calci dal suo ufficio entro pochi mesi dalla fine della guerra. La sua irragionevole rigidità, la sua alleanza con gli estremisti nazionalisti, il suo rifiuto di fermare dei nuovi insediamenti sui territori occupati, i suoi tentativi di assumere il controllo della Corte Suprema, la sua mancanza di disponibilità ad ascoltare gli Stati Uniti ne fanno un problema per Biden, e forse per l’intero processo di pace in Medio Oriente. Israele stesso sarebbe un Paese migliore senza Netanyahu e la sua variegata marmaglia di estremisti al governo.
Blinken ha assolutamente ragione quando dice che è ora di iniziare a pensare a chi amministrerà Gaza dopo Hamas. Netanyahu non sembra avere in mente un piano. E non è chiaro nemmeno se gliene importa.