28 marzo 2014 – «La libertà ha un costo». Certo, ha ragione il mio Presidente, come anche quando aggiunge furbamente che l’accordo di libero commercio tra gli Usa e l’Unione europea «favorirà l’export del gas americano».
E, certo, capiamo come funzionano il mondo, la diplomazia, i rapporti tra le nazioni: la regola si riassuma con il solito do ut des.
Sono americano ma posso essere in disaccordo con il mio Presidente. Sono a favore di una Nato forte, anche se oggi la Nato è un work-in-progress alla ricerca di un nuovo ruolo nel mondo, e anche se la Nato non vale nulla in un mondo in cui la Russia può portarsi via la Crimea in due minuti. Ma la difesa conta, soprattutto quella contro il terrorismo.
Ma dico in modo chiaro e tondo a pagina 228 del mio nuovo libro che bisogna fare qualche taglio alle spese militari del Bel Paese. Bisogna liberare più risorse per investimenti che possano stimolare la crescita e l’occupazione in settori come il turismo, la banda larga e l’agro-alimentare. Bisogna creare una politica industriale degna di questo nome.
Se Obama a Washington non è contento che a Roma si contempli una parziale retromarcia sui caccia F35, pazienza. Non c’è bisogno di 90 F35. Si può tranquillamente difendere la patria con un numero di aerei pari alla metà, a patto che i problemi tecnici degli F35 vengano risolti.
Meglio tagliare l’Irpef e l’Irap e fare investimenti mirati nei settori strategici che sprecare soldi per 90 F35. Prendiamone 45. Ci basteranno.