19 dicembre 2019 – Sono stati 230 e 229 i sì della Camera dei Rappresentanti USA ai due capi d’accusa formulati nei confronti del presidente Donald Trump, rispettivamente: abuso di potere e ostruzione al Congresso. In pratica, hanno votato a favore tutti i membri democratici tranne tre, che si sono dichiarati contrari. I repubblicani si sono schierati, senza alcuna defezione, per il no alla procedura.
Il primo capo d’accusa si riferisce alle pressioni fatte sul presidente ucraino Vladimir Zelenski perché aprisse un’indagine giudiziaria sulle attività a Kiev di Joe Biden, al momento il più probabile candidato dem alle presidenziali 2020, mentre il secondo articolo riguarda le manovre ostruzioniste che Trump avrebbe messo in atto per mettere i bastoni tra le ruote al Congresso che indagava sul caso, in particolare lo stop a testimoni e documenti.
Trump è il terzo presidente nella storia degli USA ad essere posto in stato d’accusa con la procedura di impeachment. Prima di lui sono finiti a giudizio solo Andrew Johnson nel 1868 e Bill Clinton nel 1998. Entrambi sono stati assolti in Senato, come certamente accadrà anche a Trump, che lì può contare su una solida maggioranza repubblicana. Un altro precedente è quello di Richard Nixon, che però si dimise prima di essere imputato.
La procedura arriverà nei primi mesi del 2020 in Senato, dove si terrà il dibattimento vero e proprio, condotto dal presidente della Corte Suprema. Ma la speaker della Camera Nancy Pelosi sta già intrattenendo un braccio di ferro con i senatori repubblicani, annunciando che i due articoli non saranno inviati alla Camera alta finché non ci saranno garanzie di un processo equo in quel ramo del Congresso. Pelosi si riferisce in particolare all’attitudine del leader dei senatori Mitch McConnell, che lungi dal comportarsi come un giurato imparziale appare schierato con gli avvocati di Trump, dei quali ha affermato di seguire pedissequamente le istruzioni, negando inoltre la possibilità di ascoltare i nuovi testimoni richiesti dai democratici, ovvero il capo dello staff della Casa Bianca Mick Mulvaney; Robert Blair, consulente senior di Mulvaney; l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton e Michael Duffey, un alto funzionario presso l’Ufficio di gestione e bilancio. Pelosi è pronta a ritardare a oltranza l’invio della documentazione necessaria per l’avvio del procedimento al Senato, così da lasciare il presidente in un inedito limbo, privandolo dell’assoluzione.
Ad ogni modo, per condannare Trump servirebbe una maggioranza qualificata di due terzi, un’impresa impossibile per i dem.
«Non abbiamo fatto nulla di sbagliato. Abbiamo l’appoggio del partito repubblicano», ha dichiarato Trump. «Dopo tre anni di caccia alle streghe, bufale, vergogne, truffe, i democratici stasera stanno cercando di annullare il voto di decine di milioni di patrioti americani». «Questo è il primo impeachment dove non c’è un reato», ha aggiunto, convinto che sarà un «suicidio politico» per i dem.
Donald Trump ha poi ricevuto la solidarietà del presidente russo Vladimir Putin, che durante l’abituale conferenza stampa di fine anno ha affermato che l’impeachment di Trump si basa su accuse inventate, dicendosi certo che il Senato respingerà le accuse.