Si sono aperti stamattina i seggi in Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Tutti i sondaggi danno un testa a testa tra i principali partiti, Tory e Labour, senza che nessuno dei due abbia speranze di ottenere la maggioranza assoluta. Ecco tutto quello che dovete sapere sul voto che potrebbe portare gli inglesi a un “hung parliament”, un parlamento appeso.
PER COSA SI VOTA – I cittadini sono chiamati alle urne per il rinnovo della House of Commons, la camera bassa del parlamento britannico (650 membri eletti a suffragio universale). Il primo ministro è nominato dal capo dello Stato, la regina Elisabetta II. Per prassi, a ricevere l’incarico è il leader del partito che ha ricevuto il maggior numero di voti.
QUANDO SI VOTA – Oggi, giovedì 7 maggio, dalle 7 di mattina (le 8 in Italia) alle 22 (le 23 in Italia). Subito dopo la chiusura delle urne usciranno i primi exit poll.
COME SI VOTA – Nel Regno Unito vige un sistema maggioritario a un turno con collegi uninominali (“first past the post”). Il territorio nazionale – Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord – è diviso in 650 collegi elettorali, ognuno collegato a un seggio in parlamento, dove ogni partito può presentare un unico candidato e l’elettore deve votare per un unico candidato. In ogni collegio vince il candidato che ha ricevuto il maggior numero di voti. In questo sistema può esserci quindi uno scarto importante tra il numero di parlamentari eletti da un partito e la percentuale di voti ottenuta: estremizzando, un partito potrebbe arrivare secondo in molti collegi, raccogliendo un numero elevato di preferenze, e non conquistare nemmeno un seggio in Parlamento.
A essere favoriti sono quindi i partiti più forti sul territorio nazionale (Tory e Labour) e quelli con un elettorato molto concentrato in una determinata zona (come i nazionalisti scozzesi dell’SNP, che con un 4% di voti, ma tutti concentrati in Scozia, potrebbero conquistare 50 seggi). A essere danneggiati sono gli euroscettici dell’UKIP che, pur avendo una buona fetta di elettorato su scala nazionale (circa il 14%), rischiano di non avere in quasi nessun collegio un candidato più forte di quelli presentati dai due principali partiti. I seggi del parlamento inglese sono 650, la maggioranza assoluta è quindi di 326 seggi.
PARLAMENTO USCENTE – Dopo tre vittorie consecutive dei laburisti di Tony Blair (primo ministro dal 1997 al 2007, poi sostituito dal collega di partito Gordon Brown), alle ultime elezioni, che si sono tenute nel 2010, nessun partito ottenne la maggioranza assoluta dei seggi. I conservatori di David Cameron conquistarono 307 seggi contro i 258 laburisti e i 57 dei liberal democratici; Cameron formò allora un governo di coalizione con i LibDem di Nick Clegg e, forte di 364 seggi su 650, ha governato per gli ultimi cinque anni.
PRINCIPALI PARTITI IN LIZZA
Conservative Party: Storico partito conservatore, ha dominato la politica inglese fin dalla sua fondazione. Ha raggiunto il suo culmine con gli 11 anni di governo di Margaret Thatcher (1979-1990) per poi passare 13 lunghi anni all’opposizione durante i governi di Tony Blair e Gordon Brown. I conservatori sono tornati al governo con David Cameron nel 2010 grazie a un’alleanza con i liberal-democratici di Clegg. Critico verso l’Ue (Cameron ha promesso un referendum per chiedere ai cittadini se vogliono restare all’interno dell’Unione), in quest’ultimo quinquennio il Tory ha ulteriormente liberalizzato il mercato del lavoro e razionalizzato il sistema di welfare. Sostenitore del rigore di bilancio per ridurre il debito pubblico, ha appoggiato le politiche europee di austerity.
Labour Party: Storico partito di centrosinistra inglese, tradizionale antagonista dei Tories, il partito labourista è oggi guidato dal giovane Ed Miliband. «La scelta è fra un leader che ha a cuore i lavoratori e un leader che ha a cuore i milionari e potenti», così Miliband ha estremizzato la campagna elettorale trasformando quasi il confronto tra Tory e Labour in uno scontro tra privilegiati e non. Amato dai sindacati, proeuropeista e a favore di politiche economiche più espansive e minore rigore di bilancio (ma mantenendo la stabilità fiscale), incline a maggiori investimenti in scuola e sanità e a un moderato taglio delle tasse, il Labour di Miliband ha posizioni non troppo lontane da quelle dei conservatori per quanto riguarda l’immigrazione.
Liberal Democrats: Di orientamento liberale e centrista, progressisti e filoeuropei, i LibDem sono la terza forza politica inglese ma rischiano di uscire molto ridimensionati da queste elezioni, logorati dopo cinque anni passati da comprimari al governo con i conservatori. Il loro leader è l’attuale vicepremier Nick Clegg.
Scottish National Party (SNP): Partito nazionalista scozzese, promotore del referendum fallito per l’indipendenza dal Regno Unito, ha la maggioranza nel parlamento di Edimburgo. Di sinistra, proeuropeista, è guidato dalla premier scozzese Nicola Sturgeon e, anche rinunciando all’indipendenza formale, chiede per la Scozia una maggiore autonomia da Londra. Le preferenze dell’SNP sono chiaramente concentrate nel territorio scozzese ma, grazie al sistema elettorale maggioritario uninominale, dovrebbe portare a casa molti seggi. Sarà il vero ago della bilancia di queste elezioni.
UK Independence Party (UKIP): Principale partito euroscettico inglese, guidato dal controverso Nigel Farage, vuole l’uscita dall’Unione Europea e ha posizioni di estrema destra riguardo immigrazione e diritti civili. Nonostante goda di un certo consenso a livello nazionale, rischia di essere fortemente penalizzato dal sistema elettorale inglese.
SONDAGGI E SCENARI – La proverbiale stabilità del bipartitismo inglese, dove negli anni si sono intervallati governi conservatori e laburisti, appare in grossa crisi. Gli analisti prevedono che dalle urne uscirà un Hung Parliament, un parlamento “appeso” che potrebbe addirittura portare a nuove elezioni in tempi brevi o a un governo di minoranza, aprendo scenari inediti. Secondo tutti i sondaggi, infatti, si profila un testa a testa tra Tory e Labour (entrambi intorno al 34-35% di consensi) senza che nessuno dei due ottenga la maggioranza assoluta dei seggi. C’è poi il probabile exploit dei nazionalisti scozzesi, quotati intorno ai 50 seggi, vera rivelazione di queste elezioni. Previsto anche il tonfo dei liberali, che potrebbero uscire dalle urne con pochi seggi e poca influenza (e, inoltre, hanno messo il veto a qualsiasi governo di coalizione con l’SNP o l’UKIP). L’UKIP è stimato intorno al 15%, ma a causa del maggioritario puro potrebbe portare a casa non più di 4, 5 seggi, forse meno.
Seguendo queste previsioni, tre appaiono gli scenari possibili: un governo di coalizione Labour e SNP, nonostante Miliband per il momento bocci quest’ipotesi (o, più probabilmente, un governo di minoranza Labour con appoggio esterno dei nazionalisti scozzesi) oppure una nuova coalizione Cameron-Clegg, anche se sembra essere improbabile, dato che difficilmente i LibDem conquisteranno abbastanza seggi. L’ultima opzione, prevede un ritorno alle urne a breve, tra pochi mesi o addirittura settimane.
Una cosa è certa, il Regno Unito non ha mai vissuto una situazione così confusa e incerta.
Luna De Bartolo