L'ICONOCLASTA

Obama parla al funerale dei poliziotti e tenta la riconciliazione nazionale: “Non siamo così divisi”. A Baltimora, un uomo spara sulla folla ad una veglia

12 luglio 2016 – «Non siamo così divisi, abbiamo fatto tanti passi avanti dagli anni Sessanta».

Così il presidente degli Usa Barack Obama, intervenuto al funerale dei cinque poliziotti ammazzati da un cecchino a Dallas, Texas, durante una marcia di protesta contro le uccisioni dei neri da parte della polizia, accusata di razzismo.

«Questo non è solo un crimine violento – ha dichiarato Obama – ma la testimonianza dell’odio razziale. È come se la fragilità della democrazia fosse stata esposta, ma dobbiamo respingere la disperazione che molti americani sentono dopo le recenti sparatorie».

E ancora, parlando dei poliziotti uccisi a Dallas: «Quegli uomini stavano servendo il loro paese, gli agenti di Dallas hanno salvato molte più vite di quelle che possiamo immaginare. Il nostro intero modo di vivere negli Stati Uniti dipende dal ruolo della legge». Tuttavia, ha ricordato il presidente, «nessun individuo, nessuna istituzione è interamente immune dal pregiudizio razziale». Ma attenzione alla retorica sterile contro la polizia: «Sappiamo che la stragrande maggioranza dei poliziotti fa un lavoro incredibilmente duro e pericoloso in modo professionale e giusto, quindi merita il nostro rispetto», «chiunque dice che gli agenti siano tutti corrotti o agiscono in base a pregiudizi» non «solo indebolisce, ma mina la causa della giustizia che le forze dell’ordine promuovono».

Obama è a Dallas accompagnato dalla moglie Michelle. Poco prima dell’atterraggio dell’Air Force One, è arrivato anche il vicepresidente Usa Joe Biden. A Dallas, prima di Obama, è intervenuto anche l’ex presidente repubblicano George W. Bush.

Intanto, non cala la tensione nel Paese. A Baltimora, Maryland, la notte di lunedì un uomo armato ha fatto fuoco su una trentina di persone radunatesi per pregare sul luogo dove 24 ore prima un giovane afroamericano, Jermaine Scofield, 24 anni, era stato ritrovato morto, crivellato di colpi. Cinque persone, quattro donne e un uomo di età compresa tra i 20 e i 48 anni, hanno riportato ferite superficiali alle gambe, alle caviglie, una è stata colpita di striscio allo stomaco. L’aggressore è riuscito a far perdere le sue tracce.

E sono ora oltre 250 i manifestanti arrestati, dopo giorni di proteste in varie città americane. Tra loro, a Baton Rouge, Louisiana, era stato fermato anche un importante attivista del movimento per i diritti degli afroamericani Black Lives Matter, DeRay McKesson, per avere occupato, insieme ad altri cittadini, la carreggiata di una superstrada in segno di protesta, nonostante il divieto delle forze dell’ordine. McKesson è stato poi rilasciato.

«La polizia vuole che chi protesta abbia paura di farlo, ed è per questo che hanno creato questo contesto conflittuale. Ma io non avrò mai paura di dire la verità. Quello che abbiamo visto a Baton Rouge è un dipartimento di polizia che ha scelto di provocare i manifestanti per creare un’atmosfera di tensione che può sfruttare». Così McKesson, una volta liberato, parlando dal parcheggio del Triple S, il piccolo supermercato di baton Rouge dove, il 5 luglio, è stato ucciso dalla polizia Alton Sterling, un venditore ambulante di cd. L’uccisione, poi seguita da un’altra in Minnesota, ha dato origine alle proteste che stanno scuotendo il paese facendo esplodere tensioni razziali mai sopite.

Intanto, in un’intervista alla Cnn, il capo della polizia di Dallas, David Brown, ha dichiarato che Micah Xavier Johnson – il cecchino che ha ucciso cinque agenti durante un corteo di protesta contro le uccisioni di neri da parte della polizia – pianificava attacchi di maggiori proporzioni e “devastanti”. “Il materiale per la fabbricazione di bombe trovato nella casa di Micah Johnson con un’agenda – ha aggiunto Brown – ci porta a credere che stesse progettando esplosioni con effetti devastanti a Dallas e nel nord del Texas”.

Erano circa le 21:00 locali (circa le 3:00 del mattino in Italia) del 7 luglio, quando Johnson, venticinquenne veterano della guerra in Afghanistan, ha iniziato a sparare sugli agenti schierati (circa un centinaio) a controllo della dimostrazione.

Dopo l’attacco, il cecchino, asserragliato dentro un edificio, è stato coinvolto per ore in uno scontro a fuoco con la polizia. Johnson, ucciso poi da un robot in uso alla polizia, prima di morire aveva riferito della presenza di “bombe piazzate in città”. Una minaccia che si è poi rivelata priva di fondamento.

Quello di Dallas “è stato un attacco feroce, spregevole e premeditato”, aveva detto il presidente Barack Obama. Le uccisioni degli afroamericani da parte della polizia “non sono una questione solo nera o ispanica, ma una questione americana”. “Tutte le persone imparziali dovrebbero essere preoccupate dal problema della frequenza con cui la polizia uccide gli afroamericani”, ha osservato. “Vediamo come neri e ispanici sono particolarmente minacciati in certe situazioni, sono più deboli e questo non lo possiamo ignorare, non possiamo ignorare la richiesta di legittimità, correttezza politica”. Tuttavia, essere preoccupati per questi problemi, ha precisato, non significa essere contro le forze dell’ordine.

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