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BREXIT – Urne aperte per il referendum. Ecco tutto quello che c’è da sapere

23 giugno 2016 – Should the United Kingdom remain a member of the European Union or leave the European Union? (“Il Regno Unito deve rimanere un membro dell’Unione europea o deve abbandonare l’Unione europea?”). Leave or Remain, ecco il quesito su cui sono chiamati a prendere posizione oggi, urne aperte dalle 7 alle 22 (8-23, ora italiana), cinquanta milioni di cittadini britannici.

Il referendum è consultivo, non è necessario raggiungere un quorum affinché sia valido. Non essendo previsti exit poll, i primi risultati arriveranno solamente all’alba di venerdì.

Un referendum estremamente importante che arriva in un momento delicato: l’euroscetticismo è quanto mai diffuso in tutto il Vecchio continente e una vittoria del fronte del Leave avrebbe tutte le potenzialità di innescare un rovinoso effetto domino. Secondo gli ultimi sondaggi, ci sarebbe un testa a testa tra chi vuole restare e chi invece vuole abbandonare l’Ue. «Nessuno può dire cosa succederà», ha dichiarato martedì al Financial Times il premier britannico David Cameron. Il quotidiano finanziario britannico pubblica inoltre una media aggiornata dei sondaggi in cui il fronte del Leave sarebbe avanti di un punto rispetto al fronte del Remain, 45% a 44%. La campagna è stata segnata la scorsa settimana da un episodio drammatico, l’omicidio della deputata laburista Jo Cox, sostenitrice della permanenza nell’Ue, da parte di uno squilibrato con simpatie per l’estrema destra.

Il referendum era stato promesso dall’attuale premier conservatore David Cameron durante la campagna elettorale del 2015, su pressioni di diversi membri del Tory e dei nazionalisti dell’Ukip di Nigel Farage. Inizialmente favorevole all’uscita del Regno Unito dall’Ue, Cameron ha poi cambiato idea nel momento in cui, lo scorso febbraio, le istituzioni comunitarie hanno accolto diverse sue richieste in direzione di una maggiore autonomia del Paese su temi di politica estera ed economica. Il primo ministro britannico è ora uno dei maggiori sostenitori della permanenza nell’Unione.

«I politici e gli elettori britannici debbono sapere che non ci sarà alcun tipo di rinegoziazione», ha avvisato il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Junker. «Abbiamo concluso un accordo con il primo ministro David Cameron, il quale ha ottenuto il massimo che poteva ricevere, così come noi abbiamo concesso il massimo che potevamo dare». «Quindi – ha concluso l’ex premier lussemburghese, a margine di un incontro con il neo-cancelliere austriaco Christian Kern – un nuovo negoziato non ci sarà assolutamente, né sull’intesa già raggiunta né per quanto riguarda trattative di qualsivoglia natura sui trattati». «Out is out», quando si è fuori, si è fuori, sono state le ultime parole di Junker.

Insieme a Cameron, sono contrari alla Brexit diversi ministri del suo governo e alcuni membri del Tory (il partito ha lasciato ai suoi elettori libertà di voto), il cancelliere dello Scacchiere George Osborne, la maggior parte del partito laburista, lo Scottish national party, i LibDem e i Verdi. I sostenitori della permanenza del Regno Unito nell’Ue credono che una Brexit danneggerebbe moltissimo l’economia e la sicurezza del Paese.

Di tutt’altro avviso i sostenitori del Leave (a partire dall’ex sindaco di Londra Boris Johnson, il ministro della Giustizia Michael Gove, diversi membri influenti del Tory, persino alcuni deputati laburisti, oltre ovviamente all’Ukip), secondo i quali lo sviluppo del Regno Unito sarebbe al contrario frenato dai legacci dell’Unione e chiedono un’indipendenza totale per poter gestire temi come, ad esempio, l’immigrazione.

Se domani i cittadini britannici dovessero scegliere di lasciare l’Unione, dopo esserne diventati membri nel 1972 (e aver confermato questa scelta in un referendum tre anni dopo), ci troveremmo di fronte a una situazione inedita. Mai nessun Paese prima ha lasciato l’Ue. Secondo i trattati, inizierebbe quindi un negoziato, della durata di almeno due anni, tra il Regno Unito e i 27 leader dell’Unione europea per definire le condizioni della fuoriuscita. Nel frattempo il Regno Unito dovrebbe rispettare comunque i trattati e le leggi europee, senza prendere parte ad alcun processo decisionale.

Per il day after, venerdì 24 giugno, è già stabilito un incontro a Bruxelles tra il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, quello del Consiglio europeo, Donald Tusk, e del Parlamento europeo, Martin Schulz. Presente anche il premier olandese Mark Rutte, il cui paese detiene la presidenza di turno del Consiglio dell’Ue. In programma anche una sessione plenaria straordinaria del Parlamento europeo e, il 28 e 29 giugno, un vertice dei capi di Stato e di governo.

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